Archivio per settembre 2013 | Pagina di archivio mensile

Cognac, Armagnac, Grappa, Whisky, Brandy, Vodka, Sakè, Acquavite, Calvados, Rum, Tequila. Quante volte abbiamo letto questi nomi nei nostri cocktail preferiti, quante volte siamo stati ammaliati dai loro suadenti sapori e quante volte ci siamo chiesti quali fossero le loro vere differenze, la loro origine e la magia che li ha creati?

Un invisibile file rouge di alchimia li collega: sono tutti distillati. Sono cioè prodotti con quel procedimento fisico, chiamato distillazione, che permette di separare i componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. A prima vista sembra una storia complicata, ma è sufficiente un pizzico di curiosità per scoprire tutti i segreti che trasformano vino, cereali, mele, vinacce e patate in uno di questi meravigliosi “liquidi alcolici” che tanto amiamo.

La pittoresca città di Cognac.

La città di Cognac

Iniziamo il nostro viaggio nella terra di Asterix, da quello che viene definito il principe dei distillati: il Cognac. Stiamo parlando di un distillato di vino, prodotto esclusivamente in Francia intorno alla pittoresca città che porta il suo nome a nord di Bordeaux. La graziosa città è placidamente attraversata dalla Charente, un piccolo fiume definito dal Re di Francia Francesco I: “il più bello del mio regno”.

Passeggiando per le vie di Cognac siamo subito accolti da un profumo ammaliante che ci riporta la mente a tempi lontani. Si tratta delle “part des anges” (parte degli angeli), ossia della piccola quantitá di alcol che evapora da ciascuna botte in cui é messo ad invecchiare il cognac, ed è considerata cosí preziosa che viene data in omaggio ai messaggeri di Dio. Considerando che l’origine del cognac risale al seicento e che ogni anno circa il 3% del distillato evapora, é possibile fare un rapido conto di quanto alcol é finito su nel cielo ed é anche spiegato il motivo per cui gli angeli sono sempre contenti e li troviamo tutto il giorno a suonare la trombetta.

Il cognac é considerato dai suoi estimatori un distillato che regala sensazioni indescrivibili e i fattori che danno vita a questo magnifico nettare ambrato sono del tutto unici:

un microclima perfetto influenzato dalla vicinanza dell’oceano, terreni dalla distinta personalità che infondono un complesso ventaglio di aromi, una tecnica di distillazione basata su una tradizione secolare di esperienza.  La storia del cognac.

Il nostro viaggio alla scoperta del Cognac inizia in vigna. L’uva in gran parte utilizzata è l’Ugni Blanc, che produce un vino semplice ma con due essenziali caratteristiche ideali per la distillazione: un alto livello di acidità e un basso tenore alcolico. La distillazione viene effettuata con lo Charentais, il tipico alambicco in rame a forma di cipolla che risale al XV secolo, e si compone essenzialmente di due fasi (da qui il nome di “doppia distillazione”) che permettono di ottenere prodotti di notevole eleganza.

La distillazione

La doppia distillazione ha origine da una leggenda che narra che nel XVI secolo Jacques de la Croix-Maron, un cavaliere appassionato di viticoltura e alchimia, volesse ricavare da questo vino un’acquavite di altissima qualità. Dopo molti tentativi andati a vuoto, gli apparve in sogno Satana che tentava di prendere l’anima del cavaliere facendolo bollire. La prima volta il diavolo non ebbe successo ma alla seconda ebollizione il tentativo stava andando a buon fine. A questo punto il cavaliere si svegliò dall’incubo e utilizzò il suggerimento del diavolo per distillare due volte il vino e ottenere il tanto desiderato liquore.

Nella prima fase il vino viene immesso nella caldaia, viene scaldato e i vapori danno vita ad un liquido denso e lattigginoso con un basso tenore alcolico. Nella seconda distillazione, dal prodotto ottenuto precedentemente si seleziona soltanto il prezioso cuore con un tenore alcolico tra 65% e 72%. Questa seconda fase, molto delicata, è di vitale importanza per ottenere un prodotto di alto livello e il successo del ciclo di distillazione risiede in una attenta e costante supervisione del mastro distillatore, capace con la sua esperienza di infondere al Cognac la propria impronta caratteristica.

L’invecchiamento

A questo punto inizia l’importante fase dell’invecchiamento. Lo spirito che diventerà cognac viene messo in botti di rovere francese che trasferiscono lentamente al distillato i propri aromi, il caratteristico colore ambrato e rendono più morbido e rotondo il distillato. Dopo la permanenza nelle botti, che può durare anche decine di anni, il cognac viene travasato in damigiane di vetro e messo a riposare in speciali locali chiamati “paradis”, che vanno a braccetto con le “part des anges” di cui abbiamo prima accennato.

Siamo ormai pronti all’ultima fase della produzione, la miscelazione (assemblage). Questa operazione molto delicata viene effettuata esclusivamente dal maestro di cantina e consiste nel miscelare cognac di annate diverse con purissima acqua di sorgente per ottenre un prodotto finale di eccelsa qualità.

Enoturismo a Cognac.

La zona di Cognac è perfetta per una vacanza enogastronomica e se vi recate in questa zona della Francia sicuramente non potete perdervi una visita ad una delle famose distillerie che da secoli producono il distillato francese più conosciuto al mondo. Non avete che l’imbarazzo della scelta: Camus, Hennessy, Martell, Rèmy-Martin e Courvoisier e sarà un piacere passare una giornata nelle varie cantine che propongono visite guidate in cui vengono spiegati tutti (o quasi) i segreti del cognac.

Come si degusta il cognac.

Come degustare il cognac

Per finire forniamo alcuni consigli per degustare al meglio il cognac. Fondamentale è il calice da degustazione. Per il cognac il bicchiere più indicato è quello a tulipano con la pancia ridotta e il restringimento verso l’alto utile per convogliare i profumi verso il naso. Questo bicchiere è da preferire al romantico ed evocativo baloon, calice con stelo ridotto e pancia molto ampia, in quanto quest’ultimo esalta troppo l’alcol a discapito degli altri aromi. Gli intenditori preferiscono berlo liscio ad una temperatura di circa 20 gradi. La liberazione dei preziosi aromi viene aiutata esclusivamente con il calore della mano.

Numerosi sono i cocktail che prevedono il cognac cone ingrediente principale: Sidecar, Bloody Passion, Bonaparte, Cognac Highball, French Bite, High Moon e tanti altri…ma questa è un’altra storia.

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La storia dell’azienda Diemme Enologia inizia nei lontani anni 20 con la progettazione e produzione di macchinari enologici come le presse in fusione, presse idrauliche verticali e torchi continui a due eliche. Il nome stesso dell’azienda (Diemme) deriva dalle iniziali dei due fondatori Deggiovanni e Melandri.

Con il passare del tempo l’azienda si occupa della progettazione e produzione di macchinari enologici nelle varie fasi della vinificazione, sviluppando tecnologie all’avanguardia: Florsvin-Enotork (il gruppo di pressatura uve in continuo), le Velocipresse e le presse per le distillerie che vengono vendute in tutto il mondo alle maggiori cantine.

Gli anni 70 vedono un grande fermento del settore enologico. La Diemme introduce nel mercato nuove attrezzature enologiche per soddisfare tutte le esigenze dei clienti in ogni fase della produzione del vino:

filtrazione, termo-vinificazione, flottazione, diraspatura.

Il settore dei filtri per il vino diventa così strategico da fondare, accanto alla Diemme SpA Costruzioni Enolmeccaniche,  la Filtri Diemme SpA che si occupa esclusivamente della produzione di filtri pressa a piastre per il settore enologico.

Negli anni 80 le due aziende si fondono nela DIEMME Spa e nascono due rami d’azienda distinti: la Divisione Enologia e la Divisione Filtri che si specializzano ciascuna nei settori specifici di competenza.

Nel 2011 la Divisione Filtri viene ceduta al gruppo BILFINGER BERGER mentre la DIEMME SpA diventa la DIEMME Enologia SpA e continua la sua strada verso l’innovazione continua e la specializzazione nel campo delle attrezzature per enologia.

I prodotti di DIEMME Enologia

DIEMME Enologia ha una vasta gamma di prodotti per l’enologia che seguono il cliente nelle varie fasi di produzione del vino:

Ricevimento / Selezione Diraspatura Pompe Pressatura Vinificazione Filtrazione Dealcolazione Diraspatrici Pigiatrici Kappa Diemme

Diraspatrici DIEMME Enologia

La Diemme Enologia ha una grande varietà di macchine diraspatrici e pigiatrici, in particolare la diraspatrice pigiatrice Kappa disponibile in vari modelli per soddisfare tutte le esigenze.

La diraspatrice pigiatrice Kappa, costruita in acciao inox AISI 304, viene utilizzata per la lavorazione dell’uva vendemmiata a mano o meccanicamente.

È costituita da due unità distinte: la diraspatrice, formata da una gabbia  con fori imbutiti al cui interno ruota il battitore. e la pigiatrice costituita da due rulli di pigiatura in gomma che garantiscono una perfetta pigiatura degli acini.

Filtri ortogonali Microflex

Filtri DIEMME Enologia

I filtri Microflex sono impianti di filtrazione ortogonale a cartuccia per la filtrazione di alto livello qualitativo di mosti e vini. Caratteristica fondamentale di questi filtri per il vino è l’alto livello di automazione gestito dal software proprietario Intelliflex, che è in grado di tenere sotto controllo tutto il processo di filtrazione del vino monitorando i parametri di interesse.

I filtri Microflex possono essere usati per il filtraggio di vino bianco, rosso, spumante e mosto.

Per maggiori informazioni visita il sito della Diemme Enologia.

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Iniziamo con questo articolo un viaggio (speriamo lungo e piacevole) nei vini e nei personaggi che sono diventati icone incontrastate del mondo enologico. Veri e propri miti, amati, osannati, imitati e immancabili nelle cantine dei veri intenditori che per averli sono disposti a rimandare una vacanza o l’acquisto dell’auto nuova.

Oggi andremo nella terra di Dante per immergerci nel mito del Sassicaia, mito nato in Toscana e che ha saputo affermarsi con decisione in tutto il mondo. A sentirne parlare oggi, sembra un vino che esiste da sempre e che nei secoli ha lentamente affinato i suoi lineamenti fino a raggiungere le punte di eccellenza che conosciamo. Anche il sigillo medievale di famiglia raffigurato sull’etichetta ci porta la mente ad un antico passato popolato di dame e cavalieri. Ma la realtà è ben diversa e restiamo meravigliati quando, raccogliendo gli indizi, scopriamo che il Sassicaia è un vino nato soltanto negli anni sessanta. Meraviglia basata sul fatto che nell’antico mondo del vino cinquanta anni sono considerati una giovane età.

La storia e il sogno del Sassicaia.

I vigneti del Sassicaia

Leggendo la storia del Sassicaia scopriamo che è un vino che rompe i soliti canoni pur essendo immerso in un mondo ricco di storia e con una lunga tradizione vinicola. Gli Incisa della Rocchetta, produttori del Sassicaia, sono infatti una nobile famiglia protagonista delle vicende medioevali di una terra, la Toscana, nel cui petto pulsa da sempre il Chianti. La rottura con la tradizione è passata attraverso diversi elementi:

l’utilizzo del Cabernet in una terra legata indissolubilmente al Sangiovese, l’invecchiamento del vino in piccole barriques francesi in cantine che avevano visto per secoli soltanto grosse botti. 

Naturalmente per dare vita ad un progetto del genere c’è bisogno di coraggio e di una mente visionaria lanciata verso il futuro. Infatti il mito Sassicaia parte da un sogno e da un’intuizione di Mario ­­­­­­­­­­­­­­­­­­Incisa della Rocchetta. Il sogno era di creare in Italia un vino importante prendendo come riferimento i grandi vini di Bordeaux. L’intuizione è stata la scoperta che la Tenuta San Guido, terra d’elezione del Sassicaia, era molto simile in quanto a conformazione dei suoli con una famosa zona vinicola bordolese, le Graves. Questa particolare conformazione del terroir, ricca di ciottoli e sassi, ricopre un ruolo così importante da dare il nome al vino stesso: Sassicaia.

Come spesso accade i profeti non vengono ascoltati in casa loro e inizialmente, siamo nel 1968, i giudizi non sono positivi. Un po’ per amore della tradizione (meglio noto come sciocco attaccamento al passato) e un po’ perchè non si era capito il segreto di questi vini: il Tempo. È proprio l’arcano traghettatore che con i suoi magici effetti muta e migliora le caratteristiche del vino.

L’origine della qualità del Sassicaia.

Ben presto il mondo scopre l’alta qualità nascosta nel Sassicaia e non poteva essere altrimenti visto le basi su cui elegantemente poggia. Il terreno ha delle conformazioni uniche in Italia e per raccogliere il meglio che nasconde, i vigneti sono piantati in posizioni differenti.

Il Sassicaia trae infatti la sua forza dal provenire da vigneti che dalle colline degradano dolcemente verso il mare, prendendo da ciascuno le proprie caratteristiche peculiari. La vicinanza al mare con le sue escursioni termiche e la leggera brezza marina è proprio una delle caratteristicche che si imprimono in ogni bottiglia. Il tutto viene curato con la sapiente mano dell’uomo che si è preoccupato di donargli un sistema di allevamento particolare che unito alle basse rese regala un prodotto ricco e strutturato.

La Cantina.

La cantina del Sassicaia

La cantina del Sassicaia è stata per molto tempo quella di Castiglioncello di Bolgheri in quanto i vigneti erano tutti situati nei pressi del castello. In seguito con l’espandersi dei vigneti anche la cantina doveva subire un ammodernamento e fu spostata vicino all’ Oratorio di San Guido.

La nuova cantina, posta vicino alla cantina di vinificazione è una vera e propria opera d’arte dell’architetto Agnese Mazzei ed è proprio qui che il Sassicaia riposa prima di arrivare sulle nostre tavole.

Infine concludiamo il nostro viaggio nello Spazio. Qualche anno fa un astronauta italiano ha partecipato ad una missione imbarcando sull’astronave alcuni vitigni presi dalla terra del Sassicaia. I vitigni verranno ripiantati una volta terminata la missione per esaminare gli influssi spaziali sulla vite. Possiamo con orgoglio affermare di essere gli unici ad avere un vino “stellare”.

Visita il sito della Tenuta San Guido.

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L’azienda vinicola Castello di Cigognola si trova nel cuore dell’Oltrepò Pavese, un territorio che ricorda subito una forma di grappolo. Questa è la prima idea che ci viene in mente osservando su una cartina geografica questa parte d’Italia bagnata dal Po, una terra di confine da sempre considerata il serbatoio enologico per l’assetata Milano. La Milano “da bere” ma che si è spesso accontentata di vini beverini, senza troppe pretese nella qualità e nel prezzo.

Fortunatamente le cose stanno cambiando e dalla terra-grappolo stanno emergendo realtà dalle produzioni davvero interessanti. Una fra queste è il Castello di Cigognola che si presenta con un pedigree di tutto rispetto: una storia secolare, un territorio dal microclima eccezionale e un enologo di fama mondiale.

Castello di Cigognola: la storia

Castello di Cigognola

La nostra storia inizia nel 1212, anno di costruzione del castello che ancora oggi domina le terre circostanti con la sua maestosa torre ornata da merli ghibellini. Fin da subito vigneti e castello si attraggono iniziando a vivere in una simbiosi perfetta e l’uva diventa parte integrante della vita e delle vicende del luogo.

In alcuni manoscritti del ‘400 il vino prodotto nei territori circostanti viene definito “vino bono puro et neto” e i sussurri dell’antico ancora riecheggiano in ogni bottiglia. La parola d’ordine è tradizione e il legame con il passato si riflette in ognuno dei suoi vini: nobili, di carattere e legati indissolubilmente al territorio.

A Castello di Cigognola la tradizione è una vera e propria passione che si respira nell’aria e nei calici. Anche la scelta dei vitigni utilizzati non è lasciata al caso ma rispecchia in pieno la filosofia dell’Azienda. Barbera e Croatina sono le regine di queste colline irregolari che firmano con una calligrafia inconfondibile l’unicità e la bellezza della zona. Le esposizioni variabili dei diversi vigneti, oltre a saziarci gli occhi per lo scenario multicolore che offrono, sono un volano per la qualità indiscutibile. Ogni anno, infatti, è possibile scegliere i vigneti che hanno meglio interpretato la stagione climatica e ottenere così vini sempre di alto livello.

In ciascuna bottiglia del Castello di Cigognola ritroviamo quindi la tipicità del territorio e delle uve utilizzate. Il terreno argilloso ricco di calcio dona un’alta acidità al vino che è anche una delle caratteristiche tipiche della Barbera, mentre le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte regalo ai vini aromi delicati ed ampi. Dal connubio vitignio-territorio nascono così dei vini da grande invecchiamento e capaci di reggere con fierezza i colpi del tempo.

Infine, da non dimenticare, è la mano dell’uomo. Mano esperta e delicata che parte dalla raccolta delle uve, rigorosamente eseguita a mano, fino al sapiente lavoro in cantina dove le uve vengono lavorate appena dopo la raccolta. Per ottenere vini dai tannini eleganti, viene effettuata la diraspatura, una pigiatura soffice mentre le moderne vasche di fermentazione a temperatura controllata permettono di evitare eccessivi rimontaggi.

Castello di Cigognola e Riccardo Cotarella 

Il nocchiero di questo lungo e meticoloso viaggio è Riccardo Cotarella, uno tra i più conosciuti ed apprezzati wine maker del nostro paese che con la sua bacchetta magica riesce a tramutare in perfetti purosangue ogni grappolo d’uva che ha la fortuna di incrociare i suoi passi. Fin da subito il famoso enologo ha dettato le sue regole:

basse rese, meticoloso lavoro in cantina, affinamento il barrique di rovere.  I vini del Castello di Cigognola

Andiamo ora a scoprire i due fuoriclasse del Castello di Cigognola: Poggio della Maga e Dodicidodici.

Poggio della Maga

Bel colore rosso rubino, intenso e concentrato. Al naso ci accoglie una nota balsamica che si trasforma velocemente in sensazioni aeree ed eleganti. In bocca abbiamo un’esplosione di sapori, irruente ma allo stesso tempo equilibrato. Il buon livello di acidità ben supportato da un’avvolgente morbidezza ci porta la mente ad un potenziale evolutivo straordinario. Un vero cavallo di razza, convincente.

Dodocidodici

Rosso rubino con allegre sfumature porpora. All’olfatto siamo invasi da una tonalità scura di sottobosco con pennellate speziate. Al palato siamo accolti da un principio fresco (classico del Barbera) subito accompagnato da un minuetto sapido e ricco di polpa. Vino ricco di sfumature. Perfetto con carni e salumi.

www.castellodicigognola.it

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Leone de Castris è un’antica azienda del Salento, nata nel 1665 ad opera del Duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco Conte di Lemos, ed è a attualmente una delle realtà più importanti del Sud Italia producendo circa 2,5 milioni di bottiglie.

Leone de Castris e il Salento.

Leone de Castris

La penisola salentina per molti secoli è stata considerata la “Porta d’Italia” in quanto zona di frontiera e i numerosi castelli fortificati posti a difesa del territorio sono testimonianza del suo tormentato passato. Passato che si respira passeggiando per le pianure del Salento dove non si può rimanere indifferenti ai numerosi blocchi di pietra alti fino a sei metri piantati nel terreno. Sono i Menhir, costruzioni di origine celtica che dovevano avere un significato rituale e religioso, infatti sulle facce di alcuni di essi sono riportate incisione di croci ed in altri casi una croce è stata posata sulla sommità.

Altri monumenti affascinanti sono i Dolmen, monumenti megalitici costituiti da un lastrone di pietra appoggiato orizzontalmente su pietre fissate verticalmente nel terreno. C’è chi afferma che erano monumenti funebri, chi invece pensa che venissero usati per i sacrifici per rendere omaggio alle divinità.

In questa terra affascinante e ricca di storia l’azienda vinicola Leone de Castris ha diversi vigneti in cui accanto ai vitigni tradizionali di Negroamaro, Malvasia nera, Verdeca, Bianco d’Alessano, Moscato, Aleatico e Primitivo si affiancano i nuovi vitigni di Chardonnay, Pinot, Sauvignon, Cabernet, Merlot e Montepulciano. In definitiva si può dire che la Leone de Castris rappresenta quasi 350 anni di storia che guardano al futuro.

I vigneti di Leone de Castris

Parole d’ordine del Salento è “varietà” e ogni zona ha le proprie caratteristiche distintive. Nella provincia di Lecce, cuore del Salento, ci sono i suoli argillo-limosi che permettono di trattenere la poca acqua che il cielo regala durante l’anno e l’uva maggiormente coltivata è il Negroamaro. La Manduria, posta a sud di Taranto, ha suoli molto più argillosi ed è la terra del Primitivo.

Importanti sono anche le differenze nei sistemi di allevamento. Il cordone speronato, con le sue rese elevate, viene utilizzato per i vitigni a bacca bianca o rossi che non devono essere affinati a lungo. L’alberello, con le sue basse rese, è utilizzato invece per le uve che daranno vita a vini rossi che devono essere affinati in botte.

Five Roses, il miglior vino rosato italiano.

Vino storico firmato Leone de Castris è il rosato “Five Roses”. La storia di questo vino inizia nel 1943, quando sul finire della guerra il generale Charles Poletti, affascinato dal vino ne chiede una grande fornitura. Le uve provenivano da una contrada che si chiamava “Cinque Rose” in quanto per molto tempo tutte le generazioni della famiglia Leone de Castris avevano avuto cinque figli. Il Generale voleva però un nome americano per il vino, per questo l’etichetta venne cambiata in “Five Roses” e divenne il primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia ed esportato negli Stati Uniti.

Altra data storica è il 1954, quando nasce il vino rosso “Salice”. Il vino diventa così importante che la futura doc della zona Salice Salentino prenderà il suo nome.

Leone de Castris e i suoi vini.

L’azienda vinicola Leone de Castris produce una grande varietà di vini di cui vogliamo andare a scoprire i più rappresentativi.

Donna Lisa

Donna Lisa

Salento IGT, anno 2008, 100% Malvasia bianca, 13% di gradazione alcolica.

Parziale fermentazione in barrique e affinamento per altri 6 mesi sulle fecce sempre in barrique. Dalla vendemmia del 2008 viene utilizzata la Malvasia Bianca per sottolineare il legame con il territorio (prima era prodotto con Chardonnay).

Il Donna Lisa è un vino dai caldi riflessi dorati. Al naso svela profumi intensi e importanti. La prima sensazione è salmastra per poi virare al minerale con tagli fruttati (frutta a polpa bianca) mentre in chiusura richiama note fumè che rimangono come sottofondo.

In bocca, dove la bella acidità iniziale passa il testimone alla sapidità, è netta la sensazione di pulizia e siamo affascinati dalle note fruttate che richiamano le sensazioni olfattive.

Il Donna Lisa è sicuramente un bianco da invecchiamento dalla persistenza molto lunga e che conferma la straordinaria vocazione di questa cantina nell’utilizzo di uve autoctone.

Five Roses Anniversario

Five Roses Anniversario

Salento IGT, anno 2008, 80% Negroamaro, 20% Malvasia nera di Lecce, 12,5% di gradazione alcolica.

Il Five Roses Anniversario, prodotto per la prima volta nel 1993 in occasione dei 50 anni del Five Roses, rispetto alla versione base ha una percentuale maggiore di Malvasia Nera di Lecce. Le uve provengono dai vitigni più vecchi (50 anni) allevati ad alberello e sono sottoposte ad una macerazione breve prefermentativa che implica una estrazione selettiva (si cerca di estrarre più antociani e meno tannini).

Alla vista regala un bel colore rosa chiaretto da manuale, molto luminoso.

Al naso è subito avvolgente, rapisce per la sua eleganza e il grande impatto iniziale ti assale con fragranze floreali (rosa) e fruttate (fragole e ciliegia).

Il palato è generoso e si rileva subito la freschezza, l’eleganza e l’equilibrato nei sapori chiudendosi con una nota fruttata e striature sapide. Nel finale ci attende un convincente ritorno delle note olfattive che invadono il palato.

Salice Salentino DOC Riserva

Salice Salentino

Anno 2006, 90% Negroamaro, 10% Malvasia nera di Lecce, 13,5% di gradazione alcolica.

Il Salice Salentino DOC Riserva è un vino molto importante per l’azienda. Le viti, con un’età compresa tra 20-50 anni, sono coltivate ad alberello mentre il vino, affinato per 12 mesi in botti grandi di rovere e per altri 12 mesi in bottiglia, è versatile negli abbinamenti perchè pieno di sfaccettature.

Il calice si macchia di un bel rosso rubino e l’unghia porpora nasconde il lungo l’affinamento.

Il sipario si apre al naso con una nota floreale che ricorda il Five Roses e, a questo ingresso fresco e floreale, si contrappone ben presto un sottofondo scuro.

In bocca veniamo accolti da una buona acidità che il tannino, rimanendo timido solo sullo sfondo, non riesce a coprire. Finale sapido.

Donna Lisa Rosso

Donna Lisa Rosso

Salice Salentino Rosso Riserva DOC, anno 2005, 90% Negroamaro, 10% Malvasia nera di Lecce, 14% di gradazione alcolica.

Le viti sono coltivate ad alberello con un’età tra i 50-60 anni che implicano rese per ettaro molto basse ideali per avere uve di una certa struttura. Il vino viene affinato 18 mesi in barrique di rovere francese e altri 18 mesi bottiglia. Sicuramente un vino impegnativo.

Il bicchiere si macchia di rivoli rosso rubino, molto luminoso. Al naso tornano le sfumature floreali, supportate da una buona balsamicità. In seguito svela  la sua complessità, i sentori di macchia mediterranea sonointervallati da striature dolci e minerali. Al palato ha un ingresso fruttato, immediato, morbido che ci conduce subito a una presenza tannica importante ma allo stesso tempo elegante e morbido (morbido all’inizio e morbido alla fine). Ottima piacevolezza di beva. Il tannino scalpitante ci permette di abbinarlo a piatti importanti.

Primitivo di Manduria Villa Santera

Primitivo di Manduria

Primitivo di Manduria DOC, anno 2008, 100% Primitivo, 15,5% di gradazione alcolica.

Alta gradazione alcolica tipica del Primitivo. Essendo un’uva dall’alta acidità, ha bisogno di una buona dose di alcol per risultare un vino equilibrato. Per avere più zuccheri nelle uve e quindi più alcol nel vino si protrae la maturazione delle uve.

Il Primitivo di Manduria Villa Santera si presenta con un rosso rubino con riflessi violacei. L’olfatto è allietato da aromi di frutta carnosa (prugna, amarena) che riposa su un sottofondo di liquerizia. In seguito appaiono note ferrose e minerali. In bocca siamo accolti da un’avvolgenza che ricorda l’olfatto che vira nel finale verso note ferrose, saline, ematiche. Tannino delicato.

Visita il sito azienda vinicola Leone de Castris.

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Azzini, azienda storica che opera nel campo delle macchine enologiche, produce fin dal secolo scorso, macchinari per la produzione del vino che vanno dai serbatoi per il vino, ai vinificatori fino ad impianti completi per tutte le esigenze.

Azzini: macchine enologiche in acciaio inox

Serbatoi vino Azzini

L’azienda si è specializzata nella lavorazione dell’acciaio inox, materiale che grazie alle sue caratteristiche di igiene, sicurezze e longevità, si è rivelato il più idoneo per la fabbricazione di macchinari nel campo enologico.

La gamma di prodotti da utilizzare nella produzione di vino è ampia, variegata e adattabile ad ogni tipo di esigenza specifica e comprende:

serbatoi di stoccaggio vino, vinificatori, autoclavi, serbatoi per stabilizzazione tartarica, sistemi di controllo temperatura.

In particolare, Azzini ha investito molto nel campo dei sistemi di controllo temperatura fino a produrre una camicia bugnata per il controllo della temperatura all’avanguardia e assolutamente unica per qualità e risultati raggiunti. In questo modo viene garantita la stabilità della temperatura del prodotto evitando deterioramenti del prodotto stesso e abbattendo gli inevitabili costi energetici.

Contenitori pallettizzati Azzini

Azzini ha sviluppato nel tempo una notevole capacità nella fabbricazione di contenitori pallettizzati utili per lo stoccaggio, la lavorazione e il trasporto del vino.

I contenitori pallettizzati sono costruiti in acciaio inox AISI 304 o AISI 316 e posti in particolari strutture in acciaio al carbonio elettrosaldata a caldo per immersione o in acciaio inox AISI 304.

Considerato l’ampio campo di utilizzo dei contenitori pallettizzati per il vino, possono essere personalizzati e dotati di un’ampia gamma di accessori per adattarsi alle varie fasi della lavorazione del vino.

Tenuto conto della grande importanza del controllo della temperatura, possono essere isolati termicamente e dotati di camicia bugnata in acciaio inox.

Azzini informazioni e contatti

Azzini, via Caduti sul Lavoro, 2/4 26020 – Casalmorano (CR)

www.azzini.it

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Quella di Triacca è una storia che ha come sfondo le innevate vette delle Alpi e che inizia nel 1897, quando Domenico Triacca decide di prendersi cura di un vigneto in una delle zone più vocate alla viticoltura della Valtellina. In quel preciso istante vengono gettate le basi della filosofia della casa Triacca che sono racchiuse nello slogan presente su tutte le etichette: “dalla mia vigna”. Queste semplici parole significano che la qualità del vino dipende dal vigneto, dal terroir in cui è immerso e che la vigna che deve essere amata, curata e rispettata.

La storia della qualità dei vini Triacca

I vigneti Triacca in Valtellina

Ormai è passato più di un secolo e ben quattro generazioni della famiglia Triacca hanno dato il loro contributo a far diventare grande questa cantina. I vigneti si sono allargati e alla tenuta in Valtellina si sono unite quelle in Toscana nel cuore del Chianti Classico e del Vino Nobile di Montepulciano e, per avere la certezza che l’alta qualità del prodotto fluisca in ogni bottiglia, tutte le uve utilizzate provengono dai terreni coltivati dall’azienda stessa.

Una delle colonne portanti dell’azienda Triacca è l’innovazione continua, tanto da poterli definire “pionieri” nel vigneto e in cantina. Innovazione che inizia in vigna, con l’uso di cloni selezionati di Nebbiolo disposti in filari ad alta densità di impianto e con pochi grappoli per pianta, e che continua in cantina con l’utilizzo di tecniche di vinificazione e con macchine enolociche all’avanguardia. Questi espedienti, oggi considerati la normalità ma un tempo alquanto fantasiosi, hanno permesso di migliorare la qualità delle uve e ottenere vini di altissimo livello.

Lo Sforzato secondo Triacca: San Domenico

Sforzato San Domenico

Il vino che oggi degustiamo è lo Sforzato San Domenico, vino figlio del freddo, considerato il più nobile dei rossi di montagna. Nasce infatti nelle tenute dell’azienda Triacca in Valtellina, il cuore delle Alpi, da vigneti di Nebbiolo disposti su ripidi pendii in ordinate terrazze sostenute da muri di sassi e coltivati con una estrema fatica che solo la passione permette di sopportare. Grazie al clima di montagna, il vino si arricchisce di profumi, di struttura ed eleganza.

Il nome “Sforzato” deriva dalla pratica di “forzare”, ossia prolungare la maturazione dell’uva lasciando appassire i migliori grappoli di Nebbiolo su graticci disposti in locali asciutti e ben areati. Questo ingrediente unico e inimitabile consente un’importante concentrazione degli zuccheri e delle sostanze aromatiche che, unito al successivo affinamento in botte, permette di ottenere un vino di grande struttura, complesso ma allo stesso tempo elegante ed equilibrato.

Alla vista regala un bel colore rosso rubino intenso, con una sottile unghia aranciata. Il calice si macchia di lacrime fitte che scendendo lentamente fanno presagire, come una sfera di cristallo, una grande struttura e concentrazione. I due mondi dei frutti e dei fiori si inseguono e regalano al naso accenti di ciliegia, prugna, frutta passita, violetta e rosa (impronte caratteristiche del Nebbiolo).

Al naso si propone con profumi austeri ma sensuali mentre il palato trattiene a lungo tanta materia. I due fronti in eterna battaglia, alcol e morbidezza da una parte e freschezza e tannicità dall’altra, sferrano i loro attacchi in perfetto equilibrio.

I sussurri della lunga permanenza in botte, 18 mesi, ancora di sentono e ne fanno presagire una vita ancora molto lunga.

L’abbinamento consigliato? Un camino acceso, il freddo della notte e una comoda poltrona.

Triacca: riferimenti e contatti

Tenuta La Gatta

V. Gatta, 33 – SS38

23030 Bianzone

Per approfondimenti: www.triacca.com

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Casale del Giglio è una storica cantina vinicola situata nel Sud del Lazio la cui parola d’ordine è sempre stata innovazione. Già negli anni trenta si iniziano ad intravedere i primi segnali di rinnovamento con la bonifica dei terreni paludosi dell’Agro Pontino, opera faraonica e complessa ma assolutamente necessaria per strappare la terra alla natura e poter iniziare la coltivazione della vite.

Casale del Giglio e la sua storia.

Casale del Giglio

Per la famiglia Santarelli, proprietaria di Casale del Giglio, il vino è un’antica tradizione e già nel 1955 realizzava a Roma una cantina di imbottigliamento del vino.

Nel 1985 l’avventura continua. Vengono chiamati in azienda giovani ricercatori universitari, si sperimentano nuovi vitigni che mai avevano respirato l’aria dell’Agro Pontino e si riscoprono uve autoctone ormai dimenticate. Inoltre vengono importati modelli di coltivazione ispirati a quelli utilizzati nel Bordeaux, in Australia ed in California, non a caso tutti territori baciati dalla brezza marina, proprio come l’Agro Pontino.

Casale del Giglio e i suoi collaboratori hanno voluto dare uno stimolo ad una nuova idea di vino, animati da uno spirito pionieristico e sospinti dal vento del cambiamento. La realizzazione del progetto si è basata sulla constatazione che i terreni bonificati non avevano un grande passato enologico. Trovandosi di fronte a un territorio tutto da esplorare dal punto di vista vitivinicolo, alla fine si è scoperto che la terra nascondeva un grande potenziale enologico.

Alla fine gli sforzi vengono ripagati e i risultati non si fanno attendere. Le etichette firmate Syrah, Petit Verdot, Viognier, Chardonnay, Petit Manseng e Sauvignon danno vini unici, dalle caratteristiche straordinarie e sono proprio le novità vinificate in purezza a suscitare meraviglia al palato.

I vini di Casale del Giglio

Mater Matuta

Il Petit Verdot, uva a bacca rossa tipica del Bordeaux molto esigente dal punto di vista della maturazione, sorprende per la sua ricchezza di struttura e il suo equilibrio. Il Petit Manseng, uva a bacca bianca originaria della regione basca francese, colpisce per la complessità olfattiva e il finale speziato.

Altro prodotto dall’impronta inconfondibile è il Mater Matuta, vino leggendario che trae il suo nome dall’antica dea dell’aurora. Il Syrah regala al Mater Matuta complessità e tannini eleganti mentre il Petit Verdot infonde intensità e struttura.

L’Aphrodisium, dedicato alla dea Afrodite Marina, è un vino bianco dolce da vendemmia tardiva (Petit Manseng, Viognier, Greco e Fiano). Le uve vengono lasciate sulla pianta ad appassire, disidratate dalla brezza marina regalando un bellissimo colore dorato profondo e un naso floreale e mieloso. In bocca risulta avvolgente e con un lungo finale con strie minerali.

Tutta la produzione di Casale del Giglio comprende vini unici e particolari di cui solo il palato può leggere ciò che non si può dire a parole.

Come arrivare a Casale del Giglio

Casale del Giglio è situata in provincia di Latina in località Le Ferriere (comune di Aprilia) ed è facilmente raggiungibile se vogliamo visitarla per una gita di enoturismo e degustare i suoi vini direttamente dal produttore.

Da Roma prendiamo l’uscita 26 del Grande Raccordo Anulare, direzione Pomezia-Latina e al Km 59,8 della Pontina svoltiamo in direzione Cisterna-Nettuno. Casale del Giglio si trova al Km13 della strada Cisterna-Nettuno.

Riferimenti e contatti Casale del Giglio

Casale del Giglio: 04100 Le Ferriere (Latina)

Strada Cisterna-Nettuno Km 13

Tel. 06-92.90.25.30

Fax 06-92.90.02.12

E-mail: info@casaledelgiglio.it

Orario Cantina

dal Lunedì al Venerdì:

07.30 – 12.00 13.00 – 16.30

Sabato (solo vendita al pubblico):

10.00 – 18.00 (continuato)

Per approfondimenti: www.casaledelgiglio.it

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INCON è un’azienda ligure specializzata nella produzione contenitori pallettizzati e serbatoi in acciaio inox. Le sue linee di produzione moderne utilizzano tecnologie all’avanguardia per costruire serbatoi in acciaio inossidabile e in particolare serbatoi per il vino.

L’innovazione tecnologica dei serbatoi in acciaio inox e dei contenitori pallettizzati INCON.

I contenitori inox per il vino della INCON hanno una serie di caratteristiche che li rende unici e di altissima qualità. Prima di tutto l’uso di moderne macchine saldatrici effettuano saldature TIG con gas inerte di protezione che permette di ottenere cordoni lineari, privi di difetti e di ossidazioni.

Allo stesso tempo il processo automatizzato di saldatura TIG per le gabbie di contenimento permette di raggiungere un prodotto finito accurato, preciso e di alta qualità.

Tutti i serbatoi per vino INCON sono costruiti in acciaio inox, AISI 304 o AISI 316, laminato a freddo e il processo produttivo altamente automatizzato garantisce un prodotto con un elevato rapporto di qualità/prezzo.

Il contenitore pallettizzato è invece formato da una robusta struttura metallica, in acciaio zincato a bagno o in acciaio inox AISI 304, creata per proteggere il serbatoio e per facilitarne gli spostamenti. In particolare il contenitore pallettizzato rende anche economica la movimentazione che si può effettuare con gru e carrelli e lo stoccaggio in quanto questi contenitori si possono impilare.

Tutti i prodotti INCON sono altamente personalizzabili ed adattabili per soddisfare tutte le esigenze particolari grazie ai numerosi equipaggiamenti in dotazione: vari tipi di raccordi rapidi o filettati, agitatori, dispositivi di lavaggio e indicatori di livello.

I vantaggi dei contenitori pallettizzati e dei serbatoi INCON.

I serbatoi in acciaio inix per vino e i contenitori pallettizzati INCON hanno notevoli vantaggi che li differenziano dalla concorrenza:

economici, ecologici, sicuri, personalizzabili, versatili.

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