Archivio per settembre 2013 | Pagina di archivio mensile

“Fu Ulisse, ammaliato da Circe, ad apprezzare per primo la magia di questo vino. Magia non è crearlo: è amore, passione, rispetto delle tradizioni; segreti racchiusi in una preziosa bottiglia, dove lui respira, vive e matura per rievocare l’antico incanto.”

L’estate è ormai giunta alla fine ma il sole caldo dell’autunno romano fa sentire i suoi effetti e ci invoglia a trascorrere una giornata fuori dalla città lontani dalla vita di tutti i giorni. Fortunatamente vicino Roma ci sono molti luoghi da visitare e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta e stavolta i nostri viaggi ci portano verso sud, a calpestare le sabbie ricche di storia e a respirare quell’aria di mare che ha accarezzato il volto di tanti eroi.

Siamo nel Circeo, il promontorio roccioso che divide il Lazio dalla Campania che già nel suo nome evoca il ricordo di miti e leggende. Si narra che su queste spiagge sia approdato Ulisse e che vi rimase parecchio tempo ammaliato dalla maga Circe. Passeggiando per questi luoghi probabilmente anche noi rimarremmo estasiati dalla loro bellezza e varietà: mare cristallino e spiagge bianche ma anche un bellissimo parco naturale ricco di specie ormai introvabili.

Cantina Sant’Andrea: la storia

È proprio in questa terra che a metà del ‘900 la famiglia Pandolfo comprò un podere e con coraggio e fatica iniziò  a produrre un vino che sarebbe diventato ben presto simbolo ed emblema di questa terra di sole e di mare.

Naturalmente questi luoghi ricchi di storia non potevano che ospitare una famiglia con una storia altrettanto variegata. La famiglia Pandolfo originaria di Pantelleria, la piccola isola perla del Mediterraneo che ha dato i natali a tanti vini celebri, si trasferisce nel 1880 in Tunisia dove vennero piantate le prime viti che davano vita a vini famosi fino in Francia. Poi a cause delle vicende storiche di questa terra, ricordiamo che nel 1964 il presidente della Tunisia espropriò tutte le proprietà degli stranieri, la famiglia Pandolfo fu costretta a fuggire e, proprio come Ulisse, approdò sulle spiagge del Circeo. È grazie a queste vicende che oggi noi possiamo bagnare il palato con i suoi vini ricchi di sole e magia.

Cantina Sant’Andrea: Oppidum

Oppidum Cantina Sant’Andrea

Il vino della Cantina di Sant’Andrea che vi suggerisco è l’Oppidum ed è un qualcosa di insolito e particolare. Infatti per essendo un vino prodotto da uve moscato, è vino secco e non dolce come ci potremmo aspettare.

Il colore è un giallo paglierino carico con rilessi dorati e splendenti che ricorda subito il sole e il mare di questi luoghi. Naso intenso e variegato con intarsi di albicocca e frutta tropicale che riportano subito al vitigno di provenienza. In bocca è pieno, ricco e con continui rimandi aromatici alle sensazoni olfattive. Finale marino molto lungo.

La sua complessità e tipicità lo rendono un perfetto compagno a piatti di pesce elaborati e fritti misti.

Per ulteriori informazioni vai al sito di Cantina Sant’Andrea.

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Le origini della Casa Delamain risalgono al 1700, periodo della nascita del Cognac e del suo fiorente commercio, e la collocano tra le più antiche del settore. Ancora oggi l’azienda continua una lunga tradizione familiare che le ha permesso di creare una relazione di fiducia con le migliori distillerie della regione. Il carattere familiare viene notato dal visitatore che, risalendo il fiume Charente, si reca a Jarnac e trova, con sorpresa, una sede raccolta e intima. Soltanto un antico stemma fissato alla porta tradisce la presenza di un luogo segreto dove 200 anni di storia incontrano l’eleganza.

Caratteristica fondamentale dei Cognac Delamain è l’estrema cura con cui vengono prodotti. Si narra, infatti, che i direttori che si sono succeduti alla guida dell’azienda hanno sempre controllato di persona tutti i passi chiave della produzione. Passi che vengono riassunti in quello che viene definito “Lo Spirito Delamain” o meglio “L’Esprit Delamain” che di seguito raccontiamo.

L’Esprit Delamain

Cognac Delamain stemma

La storia inizia con un’accurata selezione dei distillati (eau de vie) provenienti dai produttori storici situati nei terroir più vocati della Grande Champagne. I vincitori vengono posti in grandi botti in legno di rovere che sono messe a riposare in cantina, per diversi anni, dove trovano le condizioni ottimali per l’affinamento. La Casa Delamain utilizza soltanto botti usate, per evitare l’attacco eccessivo dei tannini.

Dopo aver atteso che il Tempo abbia lentamente messo la sua firma sul prezioso liquido, il Maestro di Cantina si occupa dell’ultima e delicatissima fase di produzione: la miscelazione (assemblage). In questa fase i Cognac di diversi vigneti vengono uniti al fine di ottenere un prodotto equilibrato che viene di nuovo lasciato in botte per raggiungere l’alta qualità richiesta ai Cognac Delamain. A questo punto ha luogo la delicata operazione della riduzione dove vecchi Cognac, diluiti con acqua di sorgente, vengono lentamente aggiunti in passi successivi al nuovo distillato.

Cognac EXTRA de Grande Champagne

L’etichetta che oggi degustiamo è il Cognac EXTRA de Grande Champagne, prodotto dalla miscelazione di un’accurata selezione di Cognac invecchiati. Ciascun distillato viene invecchiato separatamente per trattenere le proprie caratteristiche particolari, unito agli altri e quindi lasciato invecchiare per altri due anni in botti fabbricate con legno proveniente dalle foreste di Limousin. L’affinamento avviene in vecchie cantine umide lungo le rive del fiume.

Versato nel bicchiere il suo colore oro topazio mostra tutta la sua maturità. Il suo aroma è la perfetta espressione di un Cognac invecchiato della Grande Champagn:

complesso, potente, con aromi tostati di scatola di sigaro.

In bocca è pieno, intenso, fruttato e il volume alcolico 40% è  perfettamente equilibrato.

Meraviglioso è il suo originale decanter. Lo stemma che riporta impresso proviente da un piatto originale fatto da Henry Delamain nel 1762.

Per approfondimenti visita il sito del produttore Delamain.

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L’utilizzo dell’anidride solforosa è molto diffuso in enologia grazie alle sue numerose proprietà che permettono di ottenere vini di qualità e privi di difetti. L’anidride solforosa quando viene aggiunta al mosto o al vino interagisce con numerosi componenti ottenendone notevoli vantaggi:

Azione selettiva e antisettica: l’SO2 permette un pieno controllo della proliferazione dei microrganismi in tutte le fasi della lavorazione del vino fino alla conservazione. Questa azione è maggiore nei confronti dei batteri rispetto ai lieviti che risultano più resistenti all’anidride solforosa. In questo modo è possibile ottenere una completa stabilizzazione microbiologica del vino.

Azione chiarificante: l’anidride solforosa ha un effetto ritardante all’inizio della fermentazione permette alle particelle in sospensione di sedimentare.

Azione antiossidante: l’anidride solforosa si ossida al solfato in presenza di ossigeno e previene l’ossidazione delle sostanze coloranti e fenoliche con relativa protezione del colore e degli aromi. Molto importante è il suo utilizzo durante l’affinamento del vino, i travasi e le lavorazioni per proteggerlo dall’ossidazione.

Azione antiossidasica: blocca l’azione degli enzimi ossidasici.

Azione solubilizzante: l’anidride solforosa si lega agli antociani e permette la solubilizzazione delle sostanze coloranti e fenoliche.

L’anidride solforosa e le sue forme in enologia.

L’anidride solforosa viene utilizzata in enologia in varie forme ognuna con i relativi vantaggi e svantaggi:

Solforosa liquida, Solida insieme al metabisolfito di potassio. Anidride solforosa liquida vantaggi

La forma liquida dell’anidride solforosa è la più utilizzata e si trova conservata in bombole di diverse dimensioni alla pressione di 3 atmosfere a temperatura ambiente. Ricordiamo che a queste condizioni l’anidride solforosa gassosa si trova allo stato liquido.

L’SO2 viene normalmente usata in questa forma grazie ai notevoli vantaggi:

purezza, costo contenuto, facilità di misurarla in piccole quantità con i solfitometri, resa doppia rispetto al metabisolfito di potassio, non introduce nel vino ulteriori sostanze.

Gli svantaggi dell’anidride solforosa liquida sono:

perdite di prodotto che si verificano durante la somministrazione, difficoltà di distribuirla in modo uniforme nel mosto o vino all’interno dei serbatoi, pericolosità nell’utilizzo. Metabisolfito di potassio svantaggi

Il metabisolfito di potassio (K2S2O5) è la forma più utilizzata per distribuire l’SO2 in forma solida e se ne trova in 55% di concentrazione (ossia 1 gr di metabisolfito di potassio apporta 0.55 gr di anidride solforosa). In commercio si può trovare sotto varie forme:

metabisolfito di potassio effervescente granulare, metabisolfito di potassio in pastiglie effervescenti, metabisolfito di potassio in polvere, soluzioni potassiche in soluzione.

Anche se apparentemente il metabisolfito di potassio ha alcuni vantaggi rispetto all’SO2 come la facilità di utilizzo e la ridotta pericolosità, di contro si porta dietro notevoli svantaggi che vengono amplificati se invece si utilizza l’anidride solforosa con intelligenza e con determinati accorgimenti.

Svantaggi del metabisolfito di potassio:

aggiunta di potassio, cali dell’acidità fissa per la formazione di bitartrato di potassio insolubile, costi superiori rispetto all’anidride solforosa, necessità di pesare il prodotto prima dell’utilizzo e poca precisione, in soluzione è difficile da gestire a causa dell’elevata densità, distribuzione non uniforme del prodotto durante l’utilizzo, rende difficoltosa la desolfitazione, difficile conservazione.

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IMMA è un’azienda che produce macchine enologiche fin dal 1946. Nella sua storica sede di Bologna vengono progettati e costruiti i macchinari enologici utili in tutte la fasi della produzione del vino dalla raccolta e il trasporti delle uve fino ai vari trattamenti per mosto e vino, in particolari i chiarificatori e centrifughe.

L’alta qualità delle attrezzature enologiche IMMA permette di ottenere un prodotto finito privo di difetti e con alte qualità organolettiche.

In particolare l’azienda si è specializzata nelle seguenti macchine enologiche:

Chiarificatori e separatori centrifughi, Frantumatori per raspi, Pigiatrici orizzontali, Pigiadiraspatrici verticali, Nastri trasportatori, Trasportatori pneumatici, Svinatori a vibrazione, Tavole vibranti, Gruette oleodinamiche, Tritatralci, Contenitori ribaltanti, Vasche.

Macchine enologiche IMMA

Frantumatore per raspi

Il frantumatore per raspi, in acciaio inox AISI 304, permette la riduzione del volume dei raspi fino all’80% facilitandone la gestione e abbattendo i costi di smaltimento. La sua installazione, che in genere avviene alla fine di una linea di evacuazione raspi, è molto semplice grazie alle sue ridotte dimensioni.

Pigiatrice orizzontale

La diraspa-pigiatrice, costruita in acciaio inox AISI 304, è formata da un diraspatore e da un pigiatore. Il diraspatore è costituito da un tamburo forato con i fori a grandezza decrescente che trattano l’uva con poca aggressività. Il tamburo e il battitore, tra di loro indipendenti, assicurano una perfetta lavorazione delle uve. Il pigiatore è formato da due serie di rulli di gomma conici che consentono una pigiatura progressiva, rendimenti elevati a basse velocità di rotazione, una pigiatura soffice dell’acino.

La macchina è stata progettata pensando alle esigenze particolari di tutti i Clienti:

è possibile escludere la diraspatura o consentirne una parziale, facilmente lavabile internamente, è possibile variare l’eccentricità tra tamburo e battitore.

Gli svinatori a vibrazione permettono di ottenere velocemente una completa separazione del vino dalla vinaccia e da tutti gli altri residui. La macchina, sempre costruita in acciaio inox, fornisce vini perfettamente puliti in modo da velocizzare le ulteriori operazioni di filtrazione.

Centrifughe

I chiarificatori separatori centrifughi, in acciaio inox AISI 304, sono forniti di uno scarico automatico dei sedimenti che avviene per gravità. Le centrifughe IMMA sono complete di numerosi accessori ed equipaggiamenti per soddisfare tutte le esigenze.

Per maggiori informazioni visita il sito del produttore.

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Colore giallo dorato, profumo di miele e frutta matura, sapore dolce e suadente. Da queste indicazioni saremmo portati a pensare di stare degustando un vino passito, magari del sud, con le uve che sono state accarezzate dal sole e baciate dalla brezza marina. Niente di più lontano dalla verità.

Il nostro vino proviene dal Canada, da uno dei vigneti più freddi del pianeta, lontano dal mare e dove i raggi del sole fanno fatica a scaldare la terra. Stiamo parlando dell’Ice Wine (vino del ghiaccio) e in questo articolo scopriremo tutti i segreti di questo nettare dorato e le sue caratteristiche che lo rendono un prodoto unico al mondo.

I segreti dell’ice wine

Ice Wine

L’Ice Wine trae il suo nome dalle condizioni climatiche particolari delle terre in cui viene prodotto…freddo, freddo, freddo. È proprio lui il magico alchimista che crea le caratteristiche uniche per dar vita a questi vini.

I grappoli d’uva maturi vengono lasciati sulla pianta fino all’arrivo dell’inverno dove la temperatura scende sotto lo zero e congela l’acqua all’interno degli acini. Il continuo processo di congelamento e scongelamento durante i mesi di gennaio e febbraio favorisce la disitradazione e la concentrazione degli zuccheri e delle sostanze nobili all’interno dell’acino in modo da ottenere un succo complesso, intenso e variegato.

Per mantenere queste condizioni anche durante la lavorazione, la vendemmia avviene di notte rigorosamente a mano, e la pigiatura del grappolo viene effettuata direttamente nella vigna e con temperature che oscillano intorno a -10 gradi. In questo modo l’acqua contenuta negli acini è cristallizata e non viene estratta e il succo che ne fuoriesce è una vera e propria concentrazione di sostanze aromatiche. Il tutto deve essere fatto molto velocemente per non dare il tempo all’acqua contenuta negli acini di scongelarsi.

Considerata l’alta concentrazione di zuccheri, la fermentazione del mosto avviene molto lentamente e può richiedere anche alcuni mesi per concludersi in maniera ottimale.

L’uva utilizzata nella produzione degli Ice Wine è generalmente a bacca bianca, Riesling in Germania e Vidal in Canada. Il Vidal in particolare è l’uva perfetta per questa tipologia di vino in quanto è resistente al freddo e la sua buccia spessa lo rende ideale per la sovrammaturazione in pianta. Ne esistono versioni anche a bacca rossa ma sono molto rari.

L’origine degli Ice Wine

Le origini degli Ice Wine non sono molto chiare, diverse leggende ne narrano i natali ma quasi sicuramente sono nati in Germania e sono frutto del caso.

La storia racconta che il 1794 fu un inverno particolarmente rigido e  nella città di Würzburg si congelarono tutti i grappoli sulle piante. I vignaioli, cercando comunque di produrre un pò di vino, pigiarono le poche uve rimaste e il mosto, una volta fermentato, produsse un vino eccezionale, l’antenato dell’Ice Wine.  In seguito la tecnica di produzione fu migliorata ed affinata anche se le particolari condizioni climatiche necessarie alla produzione del vino non si presentano tutti gli anni e quindi non è sempre possibile produrre gli Ice Wine. Problema che non interessa il Canada dove il clima rigido permette di avere una produzione costante e di alto livello, tanto da far diventare il Canada il maggior produttore al mondo.

Come degustare un ice wine

Gli Ice Wine permettono di avere una esperienza sensoriale unica che ammalia il palato e i sensi. Sono essenzialmente vini dolci anche se il segreto del loro successo è un perfetto equilibrio tra dolcezza ed acidità che giocano a rincorrersi e a pennellare le papille gustative con i loro colori caratteristici. Al naso siamo invasi da aromi dolcemente tropicali, mentre in bocca la dolcezza viene ripulita dall’acidità che prerara il palato al prossimo sorso.

Va servito freddo, intorno ai 10-12°C. Perfetto vino da dessert anche se regala sensazioni uniche se bevuto da solo come vino da meditazione.

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L’anidride solforosa (SO2) è un componente chimico tra i più utilizzati in enologia grazie alle sue proprietà stabilizzanti, antisettiche, antiossidanti, chiarificanti e conservanti. In pratica la possiamo definire il coltellino svizzero dell’enologia grazie ai suoi molteplici utilizzi.

Nonostante i notevoli effetti positivi, è un componente che va usato con estrema cautela, considerato gli effetti negativi che può avere sia sulla salute umana e sia sulle proprietà organolettiche del vino. Comunque, anche se se ne cerchi di moderare l’uso per avere vini più sani e per strizzare l’occhio all’anima biologica del vino, non si sono ancora trovati sostituti di questo componente in grado di avere tutti i suoi effetti positivi e i relativi pochi effetti negativi, tanto che in enologia l’utilizzo dell’anidride solforosa è considerato praticamente indispensabile.

Cosa è l’anidride solforosa

L’anidride solforosa, la cui formula chimica è SO2, è un gas incolore classificato come “solfuro” e codificato dall’Unione Europea con la sigla E220.

Nel vino la possiamo trovare presente sotto diverse forme sia libera (solforosa molecolare, ione bisolfito e ione solfito) e sia combinata con alcuni composti del vino. La somma delle due forme genera la solforosa totale.

L’uso dell’anidride solforosa in enologia

Anidride solforosa in cantina

L’anidride solforosa trova grande impiego in tutte le fasi della produzione del vino. Ricordandoci sempre che una parte di questo componente lo troveremo in forma libera e una parte in forma combinata con alcuni componenti del vino (acidi, zuccheri ed antociani). Gran parte dei seguenti effetti positivi saranno dovuti alla parte libera:

antisettico, antiossidante, stabilizzante, selettivo, solvente, chiarificante.

L’anidride solforosa ha una proprietà antisettica contro i batteri e contro i lieviti e ne evita il loro sviluppo incontrollato.

L’anidride solforosa previene l’ossidazione di alcuni componenti del vino come le sostanze coloranti, aromatiche, fenoliche e alcoliche. Il rischio di ossidazioni è molto alto in tutti i processi di produzione del vino sin da quando il grappolo viene colto dalla pianta e portato in cantina per le successive lavorazioni. La probabilità di ossidazione aumenta ogni volta che si compiono le dovute lavorazioni sia sul mosto e sia sul vino come passaggi, filtrazioni e travasi e anche durante il periodo di affinamento del vino.

L’attività stabilizzante dell’anidride solforosa è di vitale importanza per la corretta conservazione del vino. Viene usata anche sul mosto per ritardare la fermentazione e per chiarificare il prodotto facendo decadere le parti solide più pesanti.

L’anidride solforosa svolge anche un’azione selettiva nei confronti dei lieviti. Infatti alcuni lieviti che producono sostanze non utili alla qualità organolettica del vino sono molto sensibili ai suoi effetti mentre i lieviti “buoni” risultano più resistenti.

L’anidride solforosa è utile per estrarre alcune sostanze, come coloranti, tannini e acidi presenti nelle bucce dell’uva. Durante la macerazione del mosto queste sostanze si solubilizzano e rimangono in soluzione.

Molto utile è anche la sua azione chiarificante facendo precipitare le sostanze colloidali che si trovano nel mosto e nel vino.

Anche se viene ampiamente utilizzata in enologia, l’anidride solforosa va utilizzata e maneggiata con molta attenzione in quanto la sua inalazione in dosi eccessive può provocare irritazioni, emicranie e morte. Per questo motivo bisogna adottare tutte le precauzioni possibili quando viene usata nelle diverse fasi della produzione del vino.

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“…inizialmente non avevo nessuna intenzione di produrre vino. Lo reputavo noioso e banale. Dopo 10 anni ho capito che il mondo del vino presenta una varietà umana che è un porto di mare più movimentato della politica e del giornalismo”.

Con queste parole facciamo la conoscenza di Giovanni Negri e da subito veniamo rapiti dalla simpatia che sprigiona nel raccontare i suoi pensieri di vita e di vino. Lui stesso racconta che è approdato in questo mondo un pò per caso, quando si è ritrovato a gestire la proprietà di famiglia e ha dovuto indossare il cappello del viticoltore. In questo modo fortuito è iniziato il suo rapporto con il mondo enologico e con i caratteristici personaggi che lo popolano, ma è subito chiaro che sarà un legame scherzoso e sbarazzino. Come possiamo pretendere serietà da una persona che definisce gli enologi come quei personaggi che “arrivano in elicottero e già devi staccare il primo assegno, fanno 10 metri e ne devi staccare un altro…”.

Giovanni Negri e il suo modo di vedere il mondo del vino.

Probabilmente è proprio questo suo modo di vedere il vino con occhi diversi e di volerlo raccontare che piano piano l’ha portato verso il mondo della scrittura e ad incrociare ragionamenti di libri e di vini. Giovanni Negri afferma che “è bello mettere insieme un romanzo con i prodotti della terra”. Naturalmente il prodotto in questione si chiama vino e  dal felice connubio di penna e bicchiere sono nati diversi prodotti letterari tutti di grande successo: “Il romanzo del vino”, “Vinosofia”, “Vineide”, fino ad arrivare alla sua ultima fatica “Il sangue di Montalcino”.

La penna alcolica fa nascere in questo romanzo un commissario, italiano di frontiera,  introverso e sobrio che ritiene che il vino sia una cosa normale e che è chiamato ad occuparsi di un omicidio di un noto wine maker. Alla fine delle sue indagini scopre che un wine maker può essere un custode di segreti e di misteri, e che è una figura in bilico tra il rabdomante, l’alchimista, il sognatore e il confessore. Un po’ come i migliori vini che spesso sono il saggio blend di diversi vitigni. Un pò come lo stesso Giovanni Negri, scrittore, produttore e filosofo. Un simpatico personaggio che si diverte a giocare con i vini e con le parole, entrambi di livello straodinario come sicuramente può affermare chi ha bevuto i suoi vini e letto i suoi libri (magari unendo le due cose: leggere con un bicchiere in mano).

Giovanni Negri racconta che insieme ai libri sono nati i vini nella sua azienda Serradenari. Prodotti di tradizione a base di Nebbiolo affiancati da “due cose strane” per le Langhe, il Pinot Nero e lo Chardonnay. Possiamo sicuramente affermare che i suoi vini mettono a confronto due anime diverse del territorio.

I vini delle Langhe 

Il Nebbiolo, che incarna la vera essenza della terra di Langa, è un vino prodotto da uve che provengono dal cuore dei territori più vocati. Le Langhe sono un vero e proprio mostro geologico, un sedimentato secolare di forze interiori che possono essere addomesticate soltanto dal Nebbiolo, un mastino che riesce ad incanalare l’irruzione di forza che proviene dalla terra.

Lo Chardonnay è una novità per questa terra che per secoli ha ospitato solo Nebbiolo. Giovanni racconta che “…questo vino rispecchia il tipo di evoluzione e ricerca che stiamo cercando di fare e migliorare. È la cosa che mi ha fatto tornare orgoglioso della mia regione e che incarna pienamente il motto di Piemonte Felix”.

Serradenari e i suoi vini 

Chardonnay

Vino lumisoso e solare con delicate tonalità dorate. Ha al naso un profilo olfattivo serrato ancora da evolvere ma nella sua austerità si librano accenti di note scure e speziate. Esprime netto il richiamo alla terra con rimandi a sentori tropicali, di frutta secca e minerali. Il palato è un connubio fra grassezza (la morbidezza è figlia di 3 mesi di affinamento legno) e sapidità. Tono finale sapido che riporta al territorio.

Uno Chardonnay con queste caratteristiche può provenire solo da queste parti, dalla terra Langa dove ogni vino è una scommessa.

Chardonnay 2008

È costituito dall’85% di Chardonnay e dal 15% di un ingrediente misterioso diverso dallo Chardonnay. A Giovanni Negri piace giocare e torneremo a casa con il mistero irrisolto.

Calice giallo di grande impatto, riflessi oro verdi. Respiro potente e austero. Rilevante il legno ma dosato in maniera felice e splendidamente bilanciato da un sottofondo agrumato. Il profilo gusto-olfattivo è ben decifrabile con tratti maturi e improvvisi ritorni minerali più fini. Lo sviluppo al palato presenta alcune similitudini con il vino precedente, avvolgente e morbido, ma impiega più tempo a liberare la mineralità.

Nebbiolo

Bicchiere che incarna l’aspetto classico del nebbiolo nei primi anni di vita con povertà di colori e sfuggenti riflessi granati. Naso subito avvolgente con sensazione di mineralità ferrosa e tracce ematiche, il fruttato  è giocato su toni scuri dove appare chiaro il richiamo finale alla terra. In bocca appare subito gentile grazie ai tannini morbidi e vellutati, cosa molto difficile per un nebbiolo, e ci lascia con un finale quasi dolce che ricorda la componente fruttata.

Barolo 2006

Rosso scuro con tonalità granate animato da una consistenza interessante. Il naso, cupo e serrato, si apre lentamente facendoci scoprire un’elegante balsamicità, quasi mentolata. La bocca è bagnata da un tannino importante, muscolare ma non fastidioso, bilanciato da una bella spalla acida. Austero ed elegante.

Barolo 2005

Vino dalla complessità straordinaria con una componente balsamica arrichita da un bagaglio variegato di sentori. Nota di china che si impadronisce del naso. Un grande vino che regala emozioni anche nella prima fase della sua vita. Avvolgente.

Visita il sito dell’azienda Serradenari.

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Della Toffola, azienda leader nel campo dei macchinari enologici, è nata negli anni 60 producendo pigiatrici, filtri per il vino e presse verticali all’avanguardia e progettati con idee innovative.

L’azienda ha sempre puntato sulla sperimentazione continua fino a diventare oggi punto di riferimento per i filtri per il vino con l’introduzione della filtrazione tangenziale a membrane filtranti di tipo ceramico.

La filtrazione è un’attività fondamentale in enologia per ottenere un prodotto filtrato di alto livello. Per questo Della Toffola ha nei suoi cataloghi una grande varietà di filtri per il vino utilizzando tutte le tecniche di filtrazione per soddisfare tutte le esigenze dei Clienti:

Filtri tangenziali Filtri tangenziali con membrane Ceramiche Filtri tangenziali con membrane Spiralate Filtri a farina fossile con dischi orizzontali Filtri con scarico manuale ECP & FSB Filtri con scarico automatico NF Filtri rotativi sottovuoto Filtri con pompa di estrazione filtrato esterna Filtri con pompa di estrazione filtrato interna Filtri a piastre Filtri a cartoni Filtri pressa Filtri per il vino tangenziali

Filtri per il vino tangenziali

La filtrazione tangenziale è la tecnica di filtraggio più moderna e innovativa che garantisce un prodotto limpido e stabile con una sola operazione di lavorazione, indipendentemente dalla qualità del prodotto di partenza rispettando sempre le qualità organolettiche del vino stesso.

I filtri tangenziali con membrane ceramiche sono una vera innovazione nel mercato enologico che garantiscono:

alto livello della lavorazione, basso impatto ambientale, ampia longevità della macchina, alto livello di automazione, salvaguardia delle proprietà organolettiche del vino, vino pronto per essere imbottigliato.

I filtri tangenziali con membrane spiralate permettono di separare il liquido da solidi e micro-organismi mantenendo inalterata la qualità iniziale del prodotto e migliorando l’intensità degli aromi del vino.

Filtri a farina fossile con dischi orizzontali

Filtri a farina fossile

I filtri a farina fossile hanno ormai raggiunto un ottimo livello qualitativo essendo stati introdotti sul mercato da diverso tempo. In particolare i filtri a farina fossile con dischi orizzontali garantiscono sempre l’integrità del pannello anche se la filtrazione viene interrotta

I filtri con scarico manuale ECP & FSB sono facili da pulire, completamente costruiti in acciaio inox ed hanno un sistema di dosaggio con pompa a pistone regolabile.

I filtri con scarico automatico NF sono adatti per filtrare grandi volumi di prodotto con un basso livello di torbidità oppure per le operazioni finali di finitura. Grazie al modo in cui sono progettati, questi filtri permettono una manutenzione veloce ed economica.

Filtri rotativi sottovuoto

Filtri rotativi sottovuoto

I filtri rotativi sottovuoto sono molto versatili e lavorano con una filtrazione continua permessa da un raschiatore a lama che elimina gli scarti ad ogni giro.

I filtri con pompa di estrazione filtrato esterna lavorano con una tecnica unica di estrazione del liquido filtrato oltre ad avere installate in una sola macchina una gran quantità di pompe per soddisfare tutte le esigenze.

I filtri con pompa di estrazione filtrato interna, forniti di un tamburo con circuiti distinti per aria a prodotto finito, permettono la filtrazione continua per grandi quantità di prodotto e con grande concentrazione di solidi sospesi.

Filtri a piastre

Filtri per il vino Della Toffola

Nei filtri a piastre, costruiti in acciaio inox AISI 304 o AISI 316, la filtrazione avviene tramite telai, cartoni, tele e piastre. Questi filtri sono completi di molti accessori per le singole esigenze.

Visita il sito Della Toffola per ulteriori informazioni sulle attrezzature enologiche.

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Francia, XVII secolo.

In una fredda e buia cantina, Dom Perignon, monaco benedettino e mastro cantiniere dell’abbazia di Hautvillers, finalmente assapora, apparentemente soddisfatto, il frutto del suo lavoro. Sembra ieri la prima volta che ha piantato nuove varietà di uve in vigna, che ha sperimentato nuove tecniche in cantina, che ha iniziato a mescolare uve soltanto al fine di raggiungere la perfezione.

Il lavoro è stato duro, tanti i fallimenti, tanti i ripensamenti. Eppure, adesso, seduto sul piccolo sgabello di legno, con le ombre che danzano sulle pareti animate dalla debole fiamma di una candela e con il sapore intenso del vino che ancora rimane in bocca, è convinto che ne sia valsa la pena e che il frutto del suo lavoro verrà un giorno ricordato. 

New York, XXI secolo.

Champagne Armand de Brignac.

In una festa in un ricco attico, con le luci della notte che animano le strade, personaggi dello spettacolo raccontano le loro ultime avventure sul set, i loro prossimi film da girare e si scambiano complimenti per le loro recenti apparizioni sullo schermo. Tra un sorriso e uno sguardo ammiccante, intravediamo, immersa nel ghiaccio, una bottiglia di champagne. È seminascosta, ma ne immaginiamo l’esclusività da alcuni particolari che sicuramente non passano inosservati. La bottiglia è completamente ricoperta da una lamina d’oro, decorata con quattro etichette di peltro che, come scopriremo in seguito, sono state attaccate a mano. Ben visibile e di notevole impatto è il logo della maison, un “Ace of Spade”, che simboleggia le origini regali della regione dello Champagne.

Champagne Armand de Brignac.

La preziosa bottiglia è l’Armand de Brignac, brand di lusso creato dal celebre produttore Cattier per contrastare il predomino di Cristal e Dom Perignon nelle serate mondane delle “celebrities”. La strada della notorietà è iniziata grazie ad un video del rapper americano Jay-Z dove compare per la prima volta la dorata bottiglia. Da quel momento le star del jet-set hanno fatto a gara per comparire in compagnia delle lussuose bollicine. David Beckham’s, Justin Timberlake, Will Smith, Leonardo di Caprio, George Clooney sono soltanto alcuni dei testimonial inconsapevoli dell’Armand de Brignac che non ha avuto bisogno di allestire ulteriori campagne pubblicitarie considerato lo spessore dei suoi estimatori.

Lo champagne secondo Cattier

Cattier produce vino dal lontano 1793 e possiede un fantastico vigneto nel cuore nobile della Champagne. Ma cosa rende unico l’Armand de Brignac da altri prodotti della maison?

Naturalmente viene prodotto secondo i secolari e tradizionali metodi che permettono di avere un prodotto di altissima qualità. Il vino base proviene esclusivamente dal cuore del mosto della prima spremitura, vero e proprio concentrato di aromi e profumi. Vino che in seguito viene riposto ad affinare in botti di quercia per nove mesi. Inoltre, invece di utilizzare vino di una sola annata, si è puntato a creare un blend di lusso di annate eccellenti, ognuna con le proprie caratteristiche distintive. Come ama raccontare Jean-Jacques Cattier, “uno champagne millesimato è come un violinista che suona da solo; uno champagne blend di diverse annate è una intera orchestra che suona all’unisono”.

Il concetto su cui nasce l’Armand de Brignac è molto lineare, “produrre il miglior champagne e presentarlo nel migliore dei modi”. L’idea suona semplice ma il risultato è stato fantastico.

Il prezzo? Ovviamente molto alto, ma un gentiluomo non parla mai di soldi.

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1992, Gran Premio di Spagna

“…finalmente sono il pilota di punta della Ferrari, ho tutti gli occhi addosso. Piove, il circuito è un lago, sono partito ottavo.

Devo recuperare. 

I rombi dei motori mi giungono ovattati nel casco, rivoli di pioggia sulla visiera si divertono a distorcere la realtà. Vedo l’auto di Berger sullo specchietto destro, ci tocchiamo e scivolo in fondo alla classifica.

Devo recuperare. 

In curva la ruota anteriore impatta con quella di Mika Häkkinen, perdo il controllo e finisco in testacoda.

Devo recuperare. 

La pioggia aumenta. Le macchine che mi precedono alzano nuvole di acqua e schiaccio l’accelleratore… 

…alzo la coppa al cielo, sono sul podio. Le braccia mi tremano per la stanchezza. La pioggia fredda continua a bagnarmi il viso, e le gocce che mi scivolano sulla guange sono un sollievo. Sono sul podio.”

Jean Alesi e il suo vino

Jean Alesi

Tra gli abbinamenti insoliti ma sicuramente molto ricercati sta prendendo piede quello tra il vino e i personaggi famosi. Forse spinti dall’effetto moda (fare vino è trendy) o forse spinti da una passione nascosta che li ha sempre visti dall’altro lato della barricata (o meglio della barrique), molti personaggi famosi hanno acquistato una vigna e sono diventati dei “vigneron”. Magari sono alla fine della loro carriera e sono alla ricerca di un luogo magico dove potersi finalmente riposare, oppure sono così abituati a firmare autografi che per non perdere l’allenamento decidono di apporre la firma sull’etichetta della loro linea di bottiglie.

Tra i tanti vip che hanno intrapreso la strada alcolica, spicca fra tutti Jean Alesi. Ex pilota di Formula 1, ha guidato il cavallino rampante per diversi campionati ed è ricordato per essere stato una figura molta amata dai tifosi. Fama guadagnata sui circuiti per la sua bravura e anche al di fuori della pista per a sua eleganza e modi di fare. Elegante come il vino che porta la sua firma.

Ci troviamo in Francia nel cuore della Cotes du Rhone, zona famosa in tutto il mondo per i suoi vini rossi a base di Syrah potenti, strutturati e ricchi di sostanza. Qualsiasi produttore che in qualche parte del mondo decide di creare vini con questo vitigno, sicuramente non può fare a meno di prendere la Valle del Rodano come punto di riferimento. Un vero e proprio modello da studiare, da imitare ma difficilmente da eguagliare.

Clos de l’Hermitage

Clos de l’Hermitage

Il vigneto è stato acquistato da Jean nel 1995 quando cercava un posto tranquillo dove trasferirsi con la famiglia e subito si è innamorato di questa vigna di 4 ettari, circondata dal classico muretto di pietra tipico della zona, il “clos”. Lo stesso Alesi ricorda che il posto era in cattivo stato, abbandonato per più di 30 anni e con cespugli ovunque; ma gli occhi attenti ed esperti di un vigneron suo amico lo hanno convinto ad acquistarlo, sicuri del fatto che vecchie vigne in questo luogo magico non potessero che produrre un vino di altissima qualità. Ci sono voluti ben quattro anni di lavoro ma alla fine gli sforzi sono stati ripagati e hanno dato vita al Clos de l’Hermitage, oggi considerato uno dei migliori vini della Cotes du Rhones.

Il Clos de l’Hermitage viene prodotto dal blend di tre uve: Grenache, Syrah e Mourvedre, ognuna che apporta al vino le sue caratteristiche tipiche, particolari e molto riconoscibili. Il Grenache, conosciuto in Sardegna con il nome di Cannonau, regala corpo, struttura e note intense di frutti rossi e pepe. Il Syrah dona invece eleganza e rotondità. Infine il Mourvedre tinge il vino con pennellate variegate e complesse di aromi terziari. In bottiglia abbiamo quindi un vino di classe, di grande potenziale e capace di evolvere nel tempo in maniera sublime.

Fantastica anche l’etichetta, semplice e diretta che riporta la firma del pilota sul lato, quasi nascosta. È opera di un designer giapponese, e non poteva essere altrimenti considerando che la moglie di Alesi è una famosa e stupenda attrice del Sol Levante.

2010, Cotes du Rhone

“…sono seduto davanti al camino acceso. Fuori piove e l’odore tipico delle giornate di pioggia entra dalla finestra aperta. Porto il bicchiere alla bocca, i sapori maturi del vino invadono la mente e mi riportano indietro nel tempo quando correvo nei circuiti di tutto il modo. Sono Jean Alesi ”.

Per maggiori informazioni visita il sito di Clos de l’Hermitage.

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