Archivio per novembre 2013 | Pagina di archivio mensile

La storia vinicola della famiglia Accornero inizia più di un secolo fa grazie al duro lavoro e all’intraprendenza di Bartolomeo Accornero che, nel 1897, acquistò la Cascina Ca’ Cima ed avviò la produzione di vini che ancora oggi accompagnano i nostri pasti e che continuano a strappare premi ed approvazioni dagli esperti del settore.

Per gli amanti della geografia ricordiamo che ci troviamo in Piemonte, e precisamente nel Monferrato, al centro del triangolo immaginario tra Casale Monferrato, Asti ed Alessandria in una terra ricca di tradizione e di storia.

Essendo punto di passaggio strategico tra la Pianura Padana e i porti del Mar Ligure queste zone sono state per secoli scenario di guerre e battaglie cruente e, passeggiando tra le colline e i boschi, ci rendiamo conto del suo passato burrascoso per i numerosi manieri e castelli disseminati sulle alture del territorio a vigile protezione di queste terre.

Processi di vinificazione tradizionali

E proprio nel comune di Vignale Monferrato hanno sede Ca’ Cima e i vigneti dell’Azienda Accornero suddivisi su 20 ettari di terreno coltivato esclusivamente in modo biologico rispettando la natura, la tradizione, l’uomo e i vini che vengono prodotti.

La tradizione e il rispetto del passato si respira anche in cantina dove, accanto alle botti di legno e ai processi di vinificazione tradizionali, sono stati affiancate le più moderne attrezzature enologiche.

Accornero e i suoi vitigni: Grignolino e Barbera

Accornero e i suoi vitigni

Quando si racconta la storia della famiglia Accornero non si possono dimenticare i vitigni principali dell’Azienda, ossia il Grignolino e la Barbera, e la tenacia nel voler produrre vini di qualità con queste uve per lungo tempo dimenticate o relegate a produrre vini beverini e di scarsa struttura.

Per quanto riguarda il Grignolino si tratta di una piacevole riscoperta in quanto, alla fine dell’800, era un vitigno molto considerato grazie alla sua capacità di produrre vini di alta qualità. Lo stesso Umberto I di Savoia ne elogiava il valore e ne apprezzava le caratteristiche.

Poi con il tempo, a causa della sua spiccata personalità di non semplice lettura per le masse e alle sue basse rese di produzione, è stato dimenticato a favore di altri vitigni di più facile beva fino ad essere ultimamente riscoperto e riportato alle sue antiche glorie.

Luigi Veronelli lo aveva definito un vino “anarchico ed individualista” proprio per enfatizzare il suo carattere particolare ed unico che lo rende comunque molto versatile. Infatti è un vino da tutto pasto ma che si abbina molto bene con il pesce, consumato freddo è ottimo come aperitivo ma allo stesso tempo, grazie ai suoi tannini eleganti ma incisivi, è capace di ripulire la bocca da cibi più strutturati.

Accornero Grignolino del Monferrato Bricco del Bosco Vigne Vecchie

Dal Vigneto Bricco del Bosco provengono le uve Grignolino usate per produrre questo cavallo di razza che ormai da anni sale sul podio delle migliori riviste e guide di vini. Imbottigliato in un esiguo numero di pezzi che raramente supera le mille unità, è un vino che viene affinato 30 mesi in tonneaux di rovere e 2 anni in bottiglia.

Nel bicchiere assume un colore rubino che vira all’aranciato sull’unghia trasparente. Il naso elegante regala aromi variegati di frutti di bosco, speziature dolci e fiori viola. In bocca esprime la sua complessità e struttura con una lunga persistenza. Probabilmente un vino non semplice da tradurre ma che regala forti emozioni a chi è in grado di leggere la sua eleganza.

Accornero Barbera del Monferrato Bricco Battista

Anche il Barbera è un vitigno strettamente legato al Monferrato e la sua presenza storica è testimoniata da alcuni documenti che risalgono al 1249. Nel corso dei secoli è diventato il vitigno più coltivato in Piemonte, grazie alle sue alte rese e alla sua resistenza alle muffe e agli agenti atmosferici, ma si è fatto ben presto la fama di vino semplice da tutto pasto.

È solo grazie alla tenacia e alla lungimiranza di alcuni produttori, primo fra tutti Accornero, che si è capito che il vitigno Barbera poteva regalare vini strutturati da invecchiamento in grado di competere con i più blasonati vitigni della regione.

Dai migliori vigneti dell’Azienda Accornero prende vita la Barbera del Monferrato Bricco Battista. La qualità del vino è frutto di una bassa resa per ettaro e dal carattere unico del territorio (calcareo-argilloso) in cui le vigne dimorano da lunghi anni.

Per conoscere meglio l’interpretazione del vitigno Barbera da parte dell’Azienda Accornero, sicuramente non c’è voce più diretta di quella del produttore nel video seguente:

Per maggiori informazioni sui vini della famiglia Accornero visita il sito dell’Azienda.

Acquista online  i vini di Accornero sul sito Byvino.it.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

L’azienda Nortan, che nel 2011 ha festeggiato i 30 anni di attività, è il principale produttore a livello mondiale di  capsulatricie gabbiettatrici da inserire nelle linee di imbottigliamento per la produzione del vino.

Punto di forza della Nortan è un continuo investimento in ricerca e sviluppo al fine di soddisfare nella maniera ottimale le esigenze del Cliente ed anticipare le richieste di un mercato vinicolo sempre più competitivo. Il tutto nel perfetto stile del made in Italy cercando di esportare in tutto il mondo la serietà e la competenza della nostra industria.

Le origini della Nortan

Le origini della Nortan

Pur essendo un’azienda leader a livello mondiale in questo settore di macchine enologiche, quella di Nortan è una storia tutta italiana che inizia oltre trenta anni fa e tutt’ora respira la creatività del Belpaese nel suo stabilimento all’avanguardia a Veronella, vicino la città di Giulietta, dove avvengono la progettazione e l’intera produzione delle capsulatrici e gabbiettatrici.

È proprio da questa zona del nord Italia, tra le più dinamiche del paese, che la Nortan è partita alla conquista dei mercati internazionali diventando ben presto fornitore delle più importanti cantine sparse ai quattro angoli del globo. Nonostante i suoi grandi numeri, l’azienda non si è dimenticata dei piccoli produttori di vino ed infatti ha in catalogo una gamma variegata di macchine enologiche per soddisfare le esigenze anche delle piccole cantine con una produzione limitata ma di alta qualità.

I brevetti della Nortan

A testimonianza dei continui investimenti in ricerca e sviluppo sono molteplici i brevetti che la Nortan ha creato nel settore delle attrezzature per enologia:

brevetto bicchiere, brevetto stelle universali, brevetto testa rullante pneumatica. Brevetto bicchiere

Bicchiere brevettato Nortan

Uno dei problemi più frequenti che si hanno nei distributori di capsule è la sostituzione del bicchiere quando si ha la necessità di variare la tipologia della capsula.

Per risolvere questa problematica i laboratori della Nortan hanno brevettato un bicchiere che si adatta ad ogni tipo di capsula (qualsiasi diametro, lunghezza e materiale) in grado di variare il suo diametro grazie ad una speciale ghiera che, ruotando, permette di ottenere il diametro desiderato.

Brevetto stelle universali

Nortan stelle universali brevettate

Spesso nelle cantine si ha la necessità di cambiare il formato delle capsule e dei gruppi accessori durante il processo di produzione con lo svantaggio di avere tempi morti e di blocco produzione.

Grazie al nuovo brevetto delle stelle universali, presentato al SIMEI del 2007, Nortan ha risolto in maniera brillante questa problematica creando un sistema di movimentazione modulare capace di regolare tutti i formati delle capsule al fine di adattarli a tutte le tipologie di bottiglie.

Brevetto testa rullante pneumatica

Testa rullante Nortan brevettata

Il  brevetto della testa rullante pneumatica è una vera novità nel campo delle capsulatrici. Infatti grazie ad un attuatore pneumatico posto all’interno della testa è possibile variare la pressione con la quale il rullino effettua la lisciatura sulla capsula e lavorare anche ad alti numero di giri senza perdita di qualità.

Capsulatrice rullante Nortan modello Prisma

Capsulatrice rullante Nortan modello Prisma

La capsulatrice rullante modello Prisma è una macchina utilizzata per la distribuzione e la rullatura delle capsule in polilaminato e stagno con una capacità produttiva da 2.700 b/h a 28.000 b/h da 3 fino a 30 teste a seconda del modello.

Tutti i modelli sono dotati di un rilevatore per il controllo della presenza del tappo nella bottiglia, meccanismo di estrazione ad aghi delle capsule, coclea universale, fotocellula di ingresso che varia la velocità di funzionamento a seconda del flusso delle bottiglie e fotocellula in uscita antintasamento.

La capsulatrice Prisma della Nortan può essere dotata di alcuni accessori per soddisfare esigenze specifiche: meccanismo di asciugatura della bottiglia, bicchiere brevettato che si adatta ad ogni tipo di capsula, stella universale brevettata, testa rullante pneumatica brevettata.

La Nortan produce inoltre una vasta gamma di attrezzature enologiche con una specializzazione nel settore delle capsulatrici e gabbiettatrici. Per maggiori informazioni puoi visitare il sito della Nortan.

Stai cercando capsulatrici usate in ottime condizioni? Vai alla sezione dedicata alle capsulatrici usate:

Capsulatrici usate

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

La pompa peristaltica è un macchinario per enologia formato da un rotore, che ruota su un asse sostenuto da cuscinetti, collegato ad una serie di rulli che attraverso la loro rotazione provocano una strozzatura progressiva ad un tubo elastico al cui interno scorre il fluido. L’avanzamento della strozzatura lungo il tubo determina la spinta del liquido e il suo pompaggio.

Nel settore enologico la pompa peristaltica, a seconda del modello e della portata, ha diversi utilizzi e viene impiegata per il trasferimento di mosto, vino, spumanti, uva intera e uva diraspata.

La pompa peristaltica appartiene alla famiglia delle pompe volumetriche che lavora secondo il principio della peristalsi, ossia il trasferimento del prodotto avviene grazie alla variazione di volume di determinati spazi che aspirano e pompano il liquido. Inoltre, a causa del suo funzionamento, è una pompa pulsante e non continua, infatti la sua portata non è costante all’interno di un unico giro. Per ovviare a questo inconveniente si possono usare una quantità maggiore di rulli, anche se questa soluzione comporta una riduzione della portata, oppure si utilizzano dei compensatori e polmoni ammortizzatori che permettono di ottenere una portata costante.

Funzionamento della pompa peristaltica

I vantaggi della pompa peristaltica

La pompa peristaltica permette il travaso del vino o mosto con numerosi vantaggi:

il liquido non entra in contatto con le parti meccaniche della pompa, il trasporto del liquido avviene in maniera delicata senza subire traumi, si evitano ossidazioni ed emulsioni indesiderate, trasferimento privo di contaminazioni batteriche, nel caso del mosto non si hanno schiacciamenti dei vinaccioli, alta precisione di dosaggio, difficilmente si intasa, semplicità di funzionamento, facilità di pulizia, può invertire il senso di marcia, funzionano a secco senza danneggiarsi, il tubo è la parte della pompa che si usura maggiormente ma è facilmente sostituibile a costi contenuti.

Tra i vantaggi fondamentali della pompa peristaltica c’è quello che il liquido non entra in contatto con le parti meccaniche e gli ingranaggi della pompa in modo da non subire nessuna contaminazione o alterazioni organolettiche e chimico/fisiche. Inoltre permette il travaso di vini spumanti ricchi di anidride carbonica senza far svanire le preziose bollicine.

I componenti della pompa peristaltica

I componenti fondamentali di una pompa peristaltica sono:

rotore con rulli, tubo elastico.

Il tubo elastico

Il tubo deve avere alcune caratteristiche particolari: deve essere elastico ma allo stesso tempo resistente allo schiacciamento impresso dai rulli e deve essere inerte agli agenti chimici per non alterare il prodotto che vi scorre. Grazie alla sua elasticità il tubo comprime il liquido facendolo avanzare ad una sua estremità e, quando riacquisisce le dimensioni originali, lo aspira dall’altra estremità. È proprio questa alternanza tra compressione e rilassamento a provocare l’avanzamento del liquido.

Per avere queste caratteristiche il tubo della pompa peristaltica deve essere costruito in silicone, PVC ed altri materiali termoplastici. I migliori tubi sono quelli che riacquistano velocemente la loro forma iniziale dopo essere passati sotto i rulli.

Il rotore con rulli

Il rotore con rulli permette, grazie al suo movimento, la giusta compressione e decompressione del tubo pompando così il liquido. In genere è costruito in acciaio inox AISI 316 e può montare una diversa quantità di rulli. Aumentando i rulli si ottiene un flusso sempre più costante ma si diminuisce la portata della pompa.

Caratteristica importante è quella di poter variare la velocità di rotazione, infatti in alcuni casi si aumenta la velocità per aumentare la portata della pompa mentre il altri casi è preferibile lavorare a bassi regimi per trattare delicatamente il prodotto.

Quello delle pompe peristaltiche è un settore in continua evoluzione dove la tecnologia fa passi da gigante. Ultimamente sono stati introdotti i rulli su cuscinetti che funzionano senza l’utilizzo di liquido refrigerante dentro lo statore.

L’uso della pompa peristaltica in enologia

La pompa peristaltica in enologia

La pompa peristaltica ha un ampio utilizzo in enologia e trova impiego in tutte le fasi del processo di vinificazione:

Nella vinificazione in bianco permette il trasferimento senza traumi dell’uva intera senza nessuna rottura degli acini in modo da avere un prodotto più sano, facilmente filtrabile nelle successive operazioni e si mantengono inalterati gli aromi caratteristici del vitigno

Nella vinificazione in rosso si ottiene il trasferimento omogeneo del prodotto senza pericoli di ossidazioni indesiderate, limitando le fecce residue e permettendo un’estrazione ottimale delle sostanze coloranti.

Molto efficace anche nel trasferimento di uve serbatoi per ottenere vini passiti senza avere ostruzioni od intasamenti della pompa, mentre in genere questa tipologia di uva è molto problematica per le pompe tradizionali. Stesso efficacia si ha quando si vogliono scaricare i fermentatori che contengono un prodotto con grande quantità di vinaccioli e sostanze solide.

Infine la pompa peristaltica trova largo impiego in cantina per il riempimento o lo svuotamento delle botti e barriques grazie alla sua precisione e forza aspirante.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

La vinificazione in bianco è quel complesso processo operato dai lieviti che trasforma il mosto in vino durante la fermentazione alcolica e che ci permette di assaporare quella bevanda tanto amata al dio Bacco. Nel caso in cui volessimo ottenere vini bianchi andremo ad effettuare la vinificazione in bianco che, come andremo ad illustrare, si differenzia in alcune fasi dagli altri tipi di vinificazione.

In particolare nella vinificazione in bianco, al fine di non trasferire le sostanze indesiderate nel vino (tannini, polifenoli e aromi erbacei), le vinacce non vengono fermentate insieme al mosto. Infatti tutte le sostanze che danno origine al colore e alla struttura sono contenute nelle bucce, nei raspi e nei vinaccioli e vengono estratte grazie alla macerazione che avviene durante il processo fermentativo, quindi se le bucce vengono eliminate prima della fermentazione, si ottiene un vino bianco.

In questo modo si ottengono prodotti equilibrati, fini, che conservano il patrimonio organolettico dell’uva e che sono vera espressione del territorio di origine. In rovescio della medaglia è che sono vini delicati che necessitano attenzioni e trattamenti particolari per renderli stabili e longevi.

Le fasi della vinificazione in bianco

Il processo di vinificazione in bianco si compone delle seguenti fasi:

pigiatura, macerazione pellicolare torchiatura e sgrondatura, illimpidimento, fermentazione alcolica, operazioni post-fermentative Cosa avviene prima della vinificazione in bianco

Cosa avviene prima della vinificazione in bianco

Punto di partenza fondamentale per ottenere vini di qualità è di utilizzare uve sane e che hanno raggiunto il giusto grado di maturazione. Diventa quindi fondamentale applicare un’attenta selezione dei grappoli durante la raccolta per scartare uve che possono avere problemi di botrytis cinerea, marciume acido, peronospera e oidio.

Come abbiamo prima accennato, i grappoli che serviranno per produrre vini bianchi devono essere trattati con cura fin dalle prime fasi del processo di vinificazione. In particolare la vendemmia dovrà essere effettuata con le tempistiche corrette e leggermente anticipata rispetto a quando si vogliono produrre vini rossi, in modo da non caricare troppo l’uva di sostanze che renderebbero il vino meno delicato, più strutturato e con un grado alcolico troppo incisivo.

Anche il trasporto dell’uva in cantina deve essere fatto con la massima cura senza rompere gli acini e provocare fermentazioni e ossidazioni indesiderate. L’ideale sarebbe utilizzare le cassette di plastica dove i grappoli d’uva vengono distesi delicatamente ad un singolo strato in modo che gli acini non si schiaccino e siano sempre ben arieggiati. Inoltre il vantaggio di utilizzare le cassette di plastica è che non assorbono odori e sostanze che decomponendosi vanno a rovinare i grappoli in esse contenute.

Vinificazione in bianco: la pigiatura

La prima tappa della vinificazione in bianco è la pigiatura a cui viene sottoposta l’uva non diraspata, operazione che viene effettuata dalle pigiatrici che rompono delicatamente gli acini per farne uscire il succo un essi contenuto.

Le uve vengono sottoposte ad una  pigiatura delicata in modo da separare la parte solida da quella liquida e in particolare una pigiatura di qualità deve:

produrre un mosto limpido con poche particelle solide in sospensione, esercitare pressioni basse con aumenti graduali, avvenire a basse temperature, limitare il contatto con l’aria per prevenire fenomeni ossidativi. La macerazione pellicolare nella vinificazione in bianco

Se si vogliono ottenere vini bianchi più strutturati e ricchi di sostanze, si può procedere ad una breve macerazione delle parti solide del grappolo diraspato con il succo appena pigiato. Questa operazione è molto delicata in quanto bisogna evitare che vengano cedute sostanze dure, astringenti e che forniscono aromi vegetali e per questo motivo deve essere realizzata in maniera controllata, veloce e ponendovi grande attenzione.

La torchiatura e sgrondatura

La torchiatura e sgrondatura

Dopo la pigiatura il prodotto passa alla fase di torchiatura o pressatura e quindi alla sgrondatura dove viene estratto tutto il succo rimanente che verrà poi sottoposto a fermentazione alcolica.

Anche queste fasi rappresentano un punto debole della vinificazione in bianco e per questo motivo devono essere fatte in modo delicato senza stressare il prodotto e liberare aromi indesiderati dai raspi e dai vinaccioli, ma allo stesso tempo devono permettere la completa estrazione della parte liquida.

Un altro fenomeno a cui prestare particolare attenzione è l’ossidazione del prodotto ad opera dell’ossigeno. Per ovviare a questo inconveniente la vinificazione in bianco deve essere rapida e statica, ossia gli spostamenti del mosto devono avvenire per gravità cercando di evitare l’utilizzo di pompe che possano danneggiarlo.

La vinificazione in bianco e l’illimpidimento prefermentativo

Illimpidimento prefermentativo

Caratteristica fondamentale del vino bianco è una perfetta trasparenza senza nessuna sostanza solida in sospensione. Per questo motivo il mosto fiore ottenuto deve essere sottoposto a un processo di illimpidimento o sfecciatura che permette la piena separazione di sostanze solide sospese indesiderate che rischiano di dare al vino aromi erbacei e poco eleganti e un aspetto non idoneo ai vini di qualità.

In genere si utilizza una chiarificazione per decantazione, ossia con l’utilizzo esclusivo della forza di gravità ed eventualmente con  l’ausilio di chiarificanti (enzimi pectolitici esogeni) che accelerano il processo.

L’illimpidimento può essere anche dinamico con l’ausilio di particolari macchine per enologia che permettono di effettuare:

centrifugazione, filtrazione, flottazione. La fermentazione alcolica e malolattica

La fermentazione alcolica e malolattica

Finalmente siamo arrivati alla fase che trasforma il mosto in vino e che fornisce alcolicità al prodotto. La fermentazione alcolica è quel processo chimico/biologico portato a compimento dai lieviti che trasformano gli zuccheri contenuti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica.

Nella vinificazione in bianco questa operazione avviene senza la presenza delle parti solide nel mosto, quindi avremo a disposizione una minore quantità di lieviti e per questo motivo è in genere più lenta rispetto alla vinificazione in rosso. Inoltre, considerato che vogliamo conservare gli aromi caratteristici dell’uva di origine, la fermentazione viene effettuata a temperature inferiori rispetto a quella in rosso, in genere intorno ai 20 gradi.

La fermentazione malolattica è invece la trasformazione dell’acido malico in acido lattico ad opera dei batteri lattici e non sempre avviene nella vinificazione in bianco perché, pur ottenendo vini più morbidi e meno acidi, può dare origine a risultati non desiderati in vini di questa tipologia la cui caratteristica di base è spesso la freschezza.

A questo punto il vino è quasi pronto per essere messo in commercio anche se necessita di ulteriori operazioni post-fermentative: travasi, trattamenti antiossidanti, chiarificazioni, filtrazioni, stabilizzazioni e affinamenti.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

La torchiatura è quell’operazione che si effettua in cantina per estrarre il mosto dall’uva dopo aver effettuato la pigiatura oppure per estrarre il vino dalle vinacce che sono state fermentate nei vinificatori. Il primo caso avviene nella vinificazione in bianco dove la parte liquida contenuta nell’uva viene subito separata da quella solida mentre il secondo si effettua nella vinificazione in rosso dove le bucce vengono fermentate insieme al succo.

La torchiatura è anche chiamata pressatura e viene effettuata da particolari attrezzature, presse enologiche e torchi di varie tipologie, che permettono di separare efficacemente la parte liquida dalle uve o dalle vinacce.

Per ottenere un vino di alta qualità è importante effettuare la torchiatura nel modo corretto, ossia velocemente e delicatamente, in quanto abbiamo a disposizione una materia prima poco stabile e soggetta a fenomeni di decadimento della sua qualità (ossidazione, acidificazione e perdita di alcool). I torchi e le presse sono quindi posizionati vicino alle pigiatrici o ai vinificatori in modo da sottoporre il prodotto alla torchiatura evitando il più possibile fenomeni negativi.

Come effettuare una torchiatura di qualità

Come effettuare una torchiatura di qualità

La torchiatura, come tutte le operazioni di vinificazione, deve essere effettuata seguendo determinate regole che permettono di ottenere un prodotto di qualità:

a pressioni basse (che raramente superano i 2 bar), con aumenti di pressione graduali e costanti intervallati da pause e da rimescolamenti della massa da pressare in modo da estrarre le sostanze nobili contenute nella materia prima e tralasciare le parti più dure e con scarsa qualità organolettica.

Le moderne presse lavorano in modo da massimizzare il rapporto tra superficie drenante e spessore delle vinacce e da ripartire in modo omogeneo la forza esercitata su tutto il prodotto. Inoltre l’intero ciclo di lavoro (pressatura, gonfiaggio e rotazione) viene seguito da un programma automatico che ne ottimizza le funzionalità effettuando continui controlli e variando il ciclo di conseguenza. In particolare il PLC, che gestisce tutte le fasi di torchiatura, monitora le caratteristiche del prodotto in modo da variare di volta in volta la pressione da esercitare, la rotazione della gabbia e quando effettuare le operazioni di scarico delle vinacce esaurite.

Altra caratteristica fondamentale è che le presse devono essere costruite in modo da permettere una facile pulizia e asetticità e sicuramente l’acciaio inox AISI 304 è il materiale più adatto allo scopo.

Le macchine enologiche per la torchiatura

La tecnologia ha fatto passi da gigante nel settore enologico ed ha interessato ogni fase del processo di vinificazione. In particolare oggi abbiamo a disposizione una vasta gamma di macchine per effettuare la torchiatura, ognuna con le proprie caratteristiche e peculiarità:

presse orizzontali pneumatiche a membrana, presse orizzontali continue a vite. Presse orizzontali pneumatiche a membrana

Presse orizzontali pneumatiche a membrana

Le presse pneumatiche orizzontali a membrana sono formate da una gabbia in acciaio inox AISI 304 al cui interno si trova una membrana in gomma alimentare che gonfiandosi comprime le vinacce contro la gabbia e ne estrae il mosto. Quando la membrana si sgonfia, la gabbia ruota e le vinacce si mescolano per essere sottoposte ad un altro ciclo di torchiatura.

In commercio esistono varie tipologie di presse orizzontali a seconda del modo di gonfiaggio della membrana:

a membrana laterale, a membra centrale, a membrana su due lati.

Le presse a membrana laterale hanno la membrana che occupa solo un lato della gabbia che, quando è sgonfia, aderisce perfettamente ad una parete della pressa per permettere il caricamento della macchina. Durante la pressatura la membrana comprime il prodotto contro la parete opposta.

Le presse a membrana su due lati hanno la membrana divisa in due e ciascuna delle due metà ricopre la parte interna della gabbia. Stavolta la superficie di sgrondo si trova al centro della macchina e le uve vi vengono pressate durante il gonfiaggio della membrana.

Le presse a membrana centrale hanno la membrana che si gonfia lungo l’asse del tamburo e comprimono il prodotto sulle pareti esterne durante la fase di gonfiaggio.

Presse orizzontali continue a vite

Le presse orizzontali continue a vite sono macchine per enologia formate da una gabbia orizzontale forata al cui interno ruota una vite orizzontale senza fine. Il prodotto viene compresso contro la gabbia estraendone il succo ed espulso ad una estremità della vite.

Questo tipo di torchiatura, operando in continuo, ha i vantaggi di permettere una lavorazione veloce a costi contenuti, senza interruzioni e con carico e scarico automatico del prodotto. Al contrario presenta alcuni svantaggi in quanto producono molta feccia e i mosti ottenuti presentano una torbidità elevata.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

Le etichettatrici per bottiglie di vino sono un macchinario enologico che non dovrebbe mai mancare in ogni azienda vinicola.

Ormai in commercio ci sono migliaia di prodotti di alta qualità e il consumatore deve essere indirizzato ed aiutato nell’acquisto grazie all’utilizzo di un packaging moderno e accattivante. In particolare la scelta di una etichetta che attiri l’attenzione è fondamentale se si vuole distinguersi dalla massa ed avere successo sul mercato e le etichettatrici per bottiglie sono le attrezzature enologiche adatte a questo scopo.

Le etichettatrici per bottiglie di vino si differenziano a seconda del modo in cui viene applicata l’etichetta e dal loro modo di lavorare:

autoadesive, colla a caldo, colla a freddo, combinate, modulari, da bobina (roll-fed), sleever, incollaggio umido, automatiche, semiautomatiche, lineari, rotanti, inserimento bottiglia verticale, inserimento bottiglia orizzontale, a magazzino oscillante, a magazzino fisso.

Prima di evidenziare le caratteristiche specifiche di ogni etichettatrice, ricordiamo che le etichette che possono essere applicate su ciascuna bottiglia di vino sono:

etichetta principale, retroetichetta, bollino, collarino, contrassegno di Stato contrassegno vini DOC/DOCG. Etichettatrici per bottiglie: caratteristiche

Etichettatrici per bottiglie

Indipendentemente dalla tipologia utilizzata, ci sono alcune caratteristiche che identificano le etichettatrici di qualità.

Sicuramente devono essere affidabili e precise in modo che l’etichetta sia attaccata nel modo adeguato, sempre nella stessa posizione e con la giusta distanza dall’eventuale controetichetta. Per raggiungere questi obiettivi e per avere una massima precisione si utilizzano motori passo-passo, dispositivi elettronici per la regolazione automatica della velocità e stiratura dell’etichetta.

Molto importante è la velocità di applicazione etichette che può variare dalle 1.000 bottiglie per ora fino a 70.000 per le etichettatrici di grandi dimensioni. Ogni cantina dovrebbe scegliere la macchina che più si addice alle proprie esigenze per ottenere il miglior rapporto qualità/prezzo.

Il materiale con cui sono costruite le etichettatrici per bottiglie è in genere l’acciaio inox 304 in quanto questi macchinari spesso operano in ambienti umidi e devono essere resistenti alle corrosioni. In questo modo sono più duraturi e non hanno bisogno di continue manutenzioni.

Il cambio formato è un altro parametro da prendere in considerazione in quanto ogni cantina produce diverse tipologie di vino in formati differenti, quindi il cambio di etichette e di bottiglie deve essere veloce, facile da effettuare e senza bloccare la macchina per troppo tempo.

Etichettatrici Rotative Colla a freddo Sacmi Labelling Opera CG

Schema etichettatrice

Prendiamo in considerazione questa tipologia di etichettatrici rotative per bottiglie per evidenziarne il funzionamento.

Le bottiglie vengono introdotte nell’etichettatrice da un nastro trasportatore e distanziate adeguatamente da una coclea (1) e vengono trasferite da una stella di entrata (2) sulla colonna centrale rotante (4) dove le bottiglie sono poggiate su piattelli di sostegno e tenute ferme da testine discendenti di bloccaggio.

Nel frattempo le etichette vengono prelevate dalla stazione di etichettaggio (3) e sono applicate sulle bottiglie che ruotano in modo sincronizzato con il resto della macchina.

Etichettatrici modulari e combinate Sacmi Labelling

Nelle cantine di grandi dimensioni si ha l’esigenza di avere varie tipologie di etichettatrici per bottiglie per soddisfare le varie esigenze di produzione. Per venire incontro a queste necessità sono state costruite le etichettatrici modulari e le etichettatrici combinate.

Le etichettatrici combinate hanno una colonna centrale rotante costituito da diverse stazioni di etichettaggio in modo da avere sulla stessa macchina tecniche di etichettatura differenti.

Le etichettatrici modulari sono invece formate da una serie di gruppi di etichettaggio montati su carrelli mobili che possono essere montati e smontati velocemente sulla struttura centrale a seconda dell’esigenza del momento.

Etichettatrice modulare

Etichettatrici per bottiglie di vino

Sul portale Enologica Petrillo potrai trovare una vasta scelta di etichettatrici usate e garantite che mantengono la qualità e le caratteristiche dei prodotti nuovi.

Vai alla sezione dedicata alle etichettatrici usate: 

Etichettatrici usate 

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

Le autoclavi sono serbatoi in acciaio inox a chiusura ermetica utilizzati per la produzione di vini spumanti con il metodo Charmat per ottenere la rifermentazione in autoclave. Le autoclavi non sono semplici contenitori passivi per il vino ma macchinari enologici sofisticati e tecnologicamente avanzati che permettono di:

tenere sotto controllo la fermentazione, monitorare e variare la temperatura dello spumante in essi contenuto, effettuare la rifermentazione senza perdita di pressione.

Il materiale con cui sono costruite le autoclavi per il vino è l’acciaio inox AISI 304 o AISI 316 che permette un alto livello di efficienza, sanità, facilità di pulizia e solidità nel tempo.

Le autoclavi sono dotate di svariati accessori e dispositivi utili per controllare il processo fermentativo (temperatura e pressione), di agitatori interni (per mettere in sospensione la feccia e aiutare i contatto con il vino) e vari rubinetti per lo scarico totale del vino, lo sfecciamento e i rimontaggi.

Una caratteristica fondamentale di questi serbatoi è la robustezza in quanto devono sopportare pressioni fino a 10 atmosfere e per questo motivo sono sottoposti alla Direttiva PED 97/23/CE che riguarda la progettazione, costruzione ed installazione in sicurezza di apparecchi a pressione.

Le autoclavi e il controllo della temperatura.

Il controllo della temperatura nelle autoclavi.

Il monitoraggio della temperatura nelle autoclavi è di fondamentale importanza se si vuole ottenere uno spumante di alta qualità che conservi le qualità del vitigno di origine e per questo motivo tali attrezzature enologiche hanno le pareti ricoperte da una intercapedine e sono dotate di un impianto termocondizionante che permette di tenere sotto controllo la temperatura.

Inizialmente la temperatura viene alzata ad un livello idoneo per avviare i processi fermentativi mentre poi è molto importante che rimanga costante durante tutto il processo di rifermentazione. Eventuali variazioni positive o negative devono essere riportate al loro valore corretto per non compromettere la qualità finale dello spumante.

Il controllo della temperatura è utile anche nella fase finale quando si sono raggiunte le caratteristiche desiderate nel prodotto (grado alcolico, finezza degli aromi, grado zuccherino). In questo caso la temperatura viene abbassata bruscamente per interrompere ogni processo fermentativo ed avere un prodotto adatto all’imbottigliamento dopo averlo sottoposto ad eventuali correzioni, filtraggi e stabilizzazioni con anidride solforosa ed altri composti.

Le autoclavi nel metodo Charmat

Il metodo Charmat viene utilizzato per la produzione di vini spumanti tramite la rifermentazione in autoclave, a differenza del metodo classico dove la rifermentazione avviene in bottiglia. Tale metodo viene utilizzato principalmente per produrre spumanti da uve aromatiche dove si vogliono conservare le caratteristiche organolettiche del vitigno di origine e dove una sosta troppo prolungata in bottiglia a contatto con i lieviti sarebbe negativa per gli aromi primari dell’uva.

Nel metodo Charmat il vino base che deve essere sottoposto alla fermentazione viene messo in autoclave dopo aver subito una filtrazione o chiarifica per avviare il processo con un prodotto di ottima qualità. Quindi, all’interno dell’autoclave vengono aggiunti lieviti selezionati e altre sostanze utili al processo fermentativo capaci di far partire la rifermentazione e soprattutto condurla nel modo adeguato.

Una volta finita la rifermentazione, lo spumante viene travasato in un’altra autoclave e filtrato con una filtrazione iperbarica (cioè ad una pressione più alta di quella dello spumante) per non disperdere l’anidride carbonica e far svanire le preziose bollicine vero e proprio simbolo degli spumanti.

Stai cercando autoclavi usate garantite e in ottime condizioni? Vai alla sezione dedicata alle autoclavi:

Autoclavi usate  Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

La pigiatura è la prima operazione meccanica a cui viene sottoposta l’uva dopo che è stata vendemmiata e serve a rompere delicatamente la buccia degli acini, permettere una prima fuoriuscita del succo e della polpa e fare in modo che i lieviti entrino a contatto con il liquido che dovrà essere trasformato in vino.

Un tempo non troppo lontano, quando la vendemmia era portata avanti da tutta la famiglia, la pigiatura dell’uva veniva effettuata con i piedi in determinati tini di legno. Il risultato ottenuto era ottimo perché in questo modo si effettuava una pigiatura delicata senza stressare le uve o spremere il raspo, ma oggi questa pratica non è considerata più accettabile dal punto di vista sanitario e vengono usate particolari macchine enologiche, le pigiatrici o pigiadiraspatrici.

In commercio esistono varie tipologie di pigiatrici a seconda del risultato che si vuole ottenere e del tipo di vino che si vuole produrre. In particolare le pigiadiraspatrici effettuano la separazione degli acini dai raspi prima di sottoporli alla pigiatura in modo da non liberare le sostanze non desiderate contenute nei raspi.

Come eseguire la pigiatura

La pigiatura

La pigiatura, essendo la prima operazione a cui viene sottoposta l’uva, va eseguita con attenzione se non si vuole compromettere la qualità del vino finale. In particolare è importante non sottoporre a pigiatura le uve durante il trasporto, magari per occupare meno volume, per non innescare fermentazioni anticipate indesiderate.

Il prodotto finale della pigiatura viene chiamato “pigiato” e può essere sottoposto a determinati trattamenti (ad esempio con anidride solforosa) per stabilizzarlo o per facilitare la macerazione delle parti solide in esso contenute. Spesso si preferisce effettuare una pigiatura soffice e aumentare la durata della macerazione invece di effettuare una pigiatura più spinta e rischiare di liberare nel pigiato sostanze indesiderate contenute nei raspi e nei vinaccioli.

A questo punto viene effettuata la diraspatura per eliminare i raspi dal pigiato, a meno che non si sia usata una pigiadiraspatrice e, nel caso della vinificazione in bianco, il tutto può essere passato nello sgrondatore, che ha lo scopo di separare la parte liquida da quella solida.

È importante non confondere la pigiatura dalla pressatura che sono due fasi ben distinte della vinificazione. La pigiatura riguarda lo schiacciamento soffice dell’acino per estrarre parte del liquido, mentre la pressatura serve per estrarre tutto il mosto presente nel pigiato. Quindi con la pigiatura si trasforma solo l’uva in un liquido che contiene parti solide, mentre con la pressatura si ottiene la prima separazione del solido dal liquido.

A chi piacciono le percentuali possiamo dire che il pigiato diraspato è costituito da 80% di polpa, 15% di bucce e, 5% di vinaccioli, mentre il mosto è formato da 70-80% di acqua, 10-30% di zuccheri e altre sostanze.

Nella vinificazione in rosso le due fasi di pigiatura e pressatura sono ben distinte e sono intervallate dalla fermentazione alcolica:

l’uva viene pigiata e diraspata, il mosto viene fatto fermentare, il vino viene pressato.

Nella vinificazione in bianco le due fasi sono attaccate:

l’uva viene pigiata e diraspata, il pigiato viene pressato e sgrondato, il mosto viene fatto fermentare.

Durante tutto il processo di vinificazione è molto importante agire velocemente per non innescare processi ossidativi o fermentazioni indesiderate. Quindi anche la pigiatura e tutte le attività che la seguono devono essere compiute il più celermente possibile.

Le macchine enologiche per la pigiatura

La pigiatura dell’uva viene effettuata per mezzo di particolari macchine enologiche: le pigiatrici e le pigiadiraspatrici.

Diraspapigiatrice

Le pigiatrici a rulli sono formate da una struttura in acciaio inox che contiene varie coppie di rulli in gomma atossica che, ruotando, pigiano l’uva in modo delicato. L’attività dei rulli (distanza reciproca e velocità di rotazione) è regolabile e dipende dalle caratteristiche dell’uva da pigiare e del risultato che si vuole ottenere. La cosa importante è che il pigiato abbia qualità costanti per tutta l’operazione per avere un prodotto uniforme.

Le pigiadiraspatrici sono attrezzature enologiche che, insieme alla pigiatura, effettuano la diraspatura, ossia l’eliminazione dei raspi dal pigiato. La diraspatura avviene in una gabbia forata rotante dove ruotano a bassa velocità alcune pale (albero diraspatore) che spingono l’uva contro la gabbia. Il succo e gli acini attraversano i fori della gabbia mentre i raspi rimangono al’interno per essere espulsi.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

La chiarifica per flottazione è un processo che permette di separare le sostanze solide in sospensione dal liquido che le contiene (mosto) attraverso l’inserimento di gas all’interno di un serbatoio (cella di flottazione).

Grazie alla flottazione le sostanze solide sono spinte verso l’alto dalle bolle del gas dove formano una schiuma che può essere facilmente eliminata rendendo limpido il liquido. Questo processo è prodotto da particolari fenomeni di tensione superficiale grazie ai quali le particelle solide si attaccano alle bolle del gas e vengono trascinate in superficie. Allo stesso tempo gli altri componenti solidi vengono depositati sul fondo dove possono essere raccolti.

Durante questa operazione è possibile aggiungere al liquido particolari sostanze coadiuvanti che facilitano la formazione della schiuma e l’illimpidimento del liquido. In enologia si utilizzano gli enzimi pectolitici per demolire le sostanze solide in sospensione, diminuire la viscosità del mosto e favorire la flottazione, mentre si usano i chiarificanti per facilitare la formazione della schiuma che viene portata in superficie.

L’EnoMixer ottimizza le chiarifiche per flottazione

L’EnoMixer e le chiarifiche per flottazione

L’EnoMixer è un’attrezzatura enologica progettata per effettuare la flottazione con semplicità. In particolare è possibile inserire contemporaneamente gas e liquidi nel serbatoio al fine di movimentare ed emulsionare il mosto ed ottenere una flottazione veloce ed uniforme.

Grazie all’EnoMixer la flottazione è resa molto efficiente ed in questo modo è possibile usare minor quantità di chiarificante (composti gelatinosi ed enzimi) conservando le qualità organolettiche del prodotto finito. Inoltre il processo di chiarificazione è più veloce ed in questo modo si prevengono eventuali effetti ossidativi sul vino.

Usare l’EnoMixer per ottenere la flottazione del mosto ci permette di eliminare le pompe di rimontaggio in quanto la movimentazione e l’arricchimento del prodotto avviene attraverso una candela porosa montata su un’asta retrattile che viene inserita nel serbatoio. La candela porosa presenta dei fori di grandezza 5/10 micron che permettono la formazione di microbolle paragonabili a quelle create da una fermentazione naturale e quindi perfette per intercettare le sostanze solide in sospensione e portarle in superficie.

In sintesi i vantaggi dell’EnoMixer nella chiarifica per flottazione:

semplicità di utilizzo, minor uso di chiarificanti, operazione di chiarifica più veloce, diminuzione dei processi ossidativi, abbassamento dei costi di gestione della cantina. Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+

Richiedi Informazioni

Nome e Cognome (richiesto)

La tua email (richiesto)

Azienda

Telefono

Indirizzo di consegnaUtile per calcolare spese di spedizione

La tua richiesta

Strada del Vino Cannonau

La Strada del Vino Cannonau si snoda nelle Provincie di Nuoro ed Ogliastra dove si alternano scenari incantevoli di grande pregio naturalistico che spaziano dalla montagna al mare, a paesaggi agricoli modellati dall’attività umana, in un contesto ricco di emergenze archeologiche e testimonianze di una storia millenaria, siti nuragici, tombe dei giganti e domus de Janas. Il profondo legame con il territorio ha radici molto antiche, come testimoniano numerosi reperti rinvenuti nei diversi siti archeologici.

La Strada del Vino Cannonau prende il nome dal vino più conosciuto e rinomato della tradizione enologica sarda e dell’omonimo vitigno, diffuso in tutta la Sardegna, ma con una grande prevalenza nel Nuorese e nell’Ogliastra, aree in cui le comunità locali attribuiscono al vino Cannonau grande importanza economica, storica e culturale. I risultati ottenuti si devono al sapiente lavoro delle generazioni di vignaioli che si sono susseguiti negli anni e che hanno selezionato e propagato sino ai giorni nostri questo vitigno, apprezzandone sia la vocazione naturale che la capacità di abbinarsi con alcune pietanze tipiche della gastronomia locale.

La coltivazione del Cannonau interessa una costellazione di piccoli produttori che presidiano, con i loro vigneti, un paesaggio collinare e montano ricco di biodiversità.

Strada del Vino Cannonau: la Sardegna Ancestrale

Nuraghi

Con questo itinerario andiamo a scoprire le radici antiche e misteriose della Sardegna. Partiamo da Orosei con la sua bella campagna disseminata di nuraghi e con il suo centro storico ricco di chiese spagnoleggianti. Quindi Oliena, uno dei paesi più caratteristici dell’isola, nei cui dintorni si puó visitare il villaggio nuragico di Tiscali, costituito da capanne di pietra e fango, e le famose fonti carsiche di Su Gologone. Orgosolo è, invece, un grazioso paese rinomato per i caratteristici murales che adornano le case mentre uscendo dal centro abitato ci imbattiamo in una miriade di luoghi interessanti: le Domus de Janas, necropoli composte da tombe scavate nel granito, i Menhir del Neolitico, le Tombe dei giganti e la Gola di Gorroppu, un magnifico canyon tra i più profondi d’Europa. Infine Mamoiada, il vero e proprio cuore pulsante della Barbagia, conosciuto per il suo carnevale popolato dalle ancestrali maschere dei “Mamuthones” e degli “Issohadores”.

Orosei

Orosei

Orosei, capoluogo storico della Baronia Meridionale, si trova sulla costa orientale dell’isola lungo il fiume Cedrino in uno scorcio particolarmente suggestivo. L’area più interna ricorda il fascino tipico dell’antica Sardegna con la bellissima campagna coltivata ad oliveti disseminata di nuraghi e chiesette. Avvicinandosi verso la costa scopriamo un litorale ammantato di magia, dove un trionfo di spiagge bianche, alternate a tratti di scogliera, fanno da anfiteatro ad un mare cristallino che si insinua nelle grotte scavate dal vento tra cui perdere la Grotta del bue marino.

Non per nulla questo tratto di costa é stato inserito tra le dieci spiagge più belle d’Italia.

Inoltrandoci nel centro storico di Orosei scopriamo un cuore urbano antico dove, passeggiando attraverso vicoli suggestivi, scalette e stretti sottopassaggi rimaniamo estasiate dalle chiese spagnoleggianti con le loro cupolette e campanili, le prigioni e la torre pisana, antiche testimonianze dei periodi più importanti della sua storia.

Sicuramente da non perdere la bella chiesa medioevale di Sant’Antonio Abate nel cui suggestivo piazzale si svolge (la sera del 16 gennaio) la festa di Sant’Antonio Abate con gigantesco falò, mentre all’interno si trova una statua lignea di Sant’Antonio risalente al Quattrocento.

Oliena

Nepente

Oliena, situata alle falde del Supramonte, è uno dei paesi più caratteristici dell’isola. I dintorni del paese sono conosciuti per la loro natura selvaggia e le molte attrattive storiche e paesaggistiche come il villaggio nuragico di Tiscali, costituito da capanne di pietra e fango, e le famose fonti carsiche di Su Gologone. Oliena è nota per il Nepente, un rosso forte decantato da Gabriele D’Annunzio che chiamò così il Cannonau locale. Il centro del paese, da visitare a piedi, è ricco di storia. Passeggiando sulla tipica pavimentazione in ciotoli di fiume si arriva alla chiesetta di Santa Croce che, con il suo tipico campanile “a tridente”, è una delle più caratteristiche di Oliena.

Orgosolo

Domus de Janas

Orgosolo è un grazioso paese nel cuore della Barbagia rinomato per i caratteristici murales che adornano le case e per il patrimonio archeologico di cui la zona è ricca.

Il primo murale fu eseguito nel 1969 e da allora ne sono stati dipinti piú di 200, passando da quelli a scopo contestatorio fino a quelli che immortalano scene di vita quotidiana. Uno dei più famosi murales a Orgosolo è “l’indiano“, che si trova proprio all’ingresso della città, a denuncia dell’oppressione dei bianchi nei confronti dei pellerossa.

Uscendo dal paese ci imbattiamo in una miriade di luoghi interessanti: le Domus de Janas, necropoli composte da tombe di età prenuragica scavate nel granito, i Menhir del Neolitico, le Tombe dei giganti, le piú recenti chiese gotico-catalane fino ad inoltrarci nella Gola di Gorroppu, un magnifico canyon tra i più profondi d’Europa.

Mamoiada

Mamuthones

Mamoiada é il vero e proprio cuore pulsante della Barbagia che si avvicina piú di tutti all’antica storia della Sardegna. Il paese é conosciuto per il suo carnevale popolato dalle ancestrali maschere dei “Mamuthones” e degli “Issohadores”. I Mamuthones, con in volto una maschera nera, si muovono con il loro passo cadenzato facendo risuonare in tutto il paese i campanacci che portano al collo. Vengono scortati dagli Issohadores, vestiti con maschera bianca e corpetto rosso, che d’improvviso gettano il laccio per catturare le giovani donne in segno di buona salute e fertilità. Assolutamente da non perdere è il Museo delle Maschere Mediterranee.

Le colline e i boschi intorno a Mamoiada sono disseminati da numerosi segni di civiltà ormai dimenticate. Il nuraghe di Monte Juradu, i menhir Sas Pedras Longas, le misteriose case delle fate Sas Domus de Janas e la magica stele di Boeli.

Visita il sito della Strada del Vino Cannonau.

Segui Guido Cocozza l’autore dell’Enoblog Enologica Petrillo su Google+