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Parlare di Alois Lageder e della sua filosofia di fare il vino vuol dire immergersi in un ambiente che parla di natura, biodinamica, approccio olistico, tradizione, innovazione, arte e rispetto.

Il viaggio inizia in Alto Adige, nel lontano 1823, e ci riporta ai giorni nostri con una visione della viticultura del tutto unica e particolare che non parla solo di vino ma soprattutto di come produrlo in totale simbiosi con la natura che lo ospita.

Il motto “il vino nasce in vigna” lo abbiamo ormai sentito molte volte, ma quello che ci stupisce della filosofia di vignaiolo di Alois Lageder è l’introduzione del concetto di olismo nell’universo vino.

L’olismo secondo Alois Lageder

Alois Lageder

L’olismo è un insieme di idee filosofiche per cui le proprietà di un sistema, che per definizione è costituito da più elementi, sono superiori alla sommatoria dei contributi dei singoli elementi.

Questo approccio si può riassumere nelle parole di Alois Lageder quando afferma che “La qualità è sempre il risultato di molti dettagli, a volte anche minimi, … , lavorando in sintonia con la natura”, e solo comprendendo a fondo tutti questi elementi e capendo il modo in cui interagiscono è possibile farli lavorare in armonia per ottenere vini di alta qualità.

Quindi parola, comune in tutti i vini dell’Azienda, è un rispetto incondizionato verso la natura perché solo in questo modo può esprimere il meglio di sé e dar vita a un vino che racconti veramente e con sincerità il territorio che l’ha generato.

La filosofia olistica si adatta perfettamente al giardino vitato che è l’Alto Adige in quanto, essendo ricco di microzone ognuna con le sue peculiari caratteristiche pedoclimatiche, può produrre vini profondamente legati al territorio ognuno con una propria anima individuale.

Come viene messa in pratica questa filosofia innovativa ma che poggia le sue radici in un lontano passato? La soluzione è stata trovata cercando di fondere tradizione ed innovazione, prendendo spunto dalla natura ma supportandola dalla moderna tecnologia in un connubio vincente ed efficace. Perché è vero che il vino è un prodotto naturale ma non dimentichiamoci che senza il valido ed intelligente aiuto dell’uomo non avremo mai nel bicchiere quel nettare che tanto ci fa sognare.

Il tutto parte dal vigneto dove le lavorazioni sono svolte ispirandosi ai cicli della natura e alle forze che la regolano. Proprio come facevano i nostri antenati che vivevano in simbiosi totale con essa e che si basavano sul ciclo della Luna, del Sole e dei pianeti. Le uve vengono quindi lavorate rispettando i tempi giusti e sottoponendole a processi delicati in grado di trasformarle senza stressarle.

Alois Lageder e l’arte

L’approccio olistico di Alois Lageder trova la sua massima espressione quando ricerca nella sua tenuta il connubio tra natura e le arti (musica, cultura e architettura) ricordando che in quei vigneti “non si coltiva solo uva ma anche arte”.

La cantina

In effetti anche la sua cantina di nuova costruzione è una vera e propria “opera d’arte biologica” che si incastona brillantemente nei vigneti circostanti. Interamente progettata con materiali bioedili (legno, pietra e vetro), rispettando i criteri di sostenibilità e di autosufficienza energetica ha fatto da apripista per la bioarchitettura in Alto Adige ed è il frutto dell’idea di Alois Lageder di “portare la natura all’interno degli edifici”.

Per rimanere fedeli all’idea che le tecniche di vinificazione devono rispettare l’uva e lavorarla delicatamente, la nuova cantina di Magrè è stata progettata proprio per venire incontro a queste esigenze. Le uve arrivano nella torre di vinificazione che è profonda 17 metri e dove il loro passaggio avviene esclusivamente grazie alla forza di gravità senza l’ausilio di pompe. Alla base della torre poi i serbatoi per il vino sono disposti a cerchio per minimizzare gli spostamenti del prodotto.

COR RÖMIGBERG Cabernet Sauvignon

La coltivazione biologica e biodinamica delle vigne, supportata da un utilizzo intelligente della tecnologia, permette di ottenere vini unici che risaltano al meglio le caratteristiche del territorio.

COR RÖMIGBERG Cabernet Sauvignon

In particolare sono due le linee di prodotti dell’azienda vinicola: Tenutæ Lageder e Alois Lageder. La prima accoglie in pieno la filosofia biodinamica mentre la seconda è dedicata alla produzione di vitigni autoctoni in purezza provenienti dai vigneti più vocati.

Andiamo a degustare un vero cavallo di razza prodotto dall’Azienda, il COR RÖMIGBERG Cabernet Sauvignon, per verificare se racchiude in pieno tutta la filosofia di Alois Lageder.

Le uve, Sauvignon e Petit Verdot,  sono frutto di vigneti coltivati in modo biodinamico controllato e certificato e regalano al naso una complessità unica ed in continua evoluzione. Inizialmente si sprigionano sentori fruttati che lentamente si trasformano in aromi speziati più complessi. In bocca è pieno, equilibrato, con pennellate tanniche decise ma mai fuori posto e con una persistenza che sembra interminabile.

Per maggiori informazioni visita il sito di Alois Lageder.

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Tra i migliori produttori di serbatoi in acciaio inox sicuramente la Toscana Inox ricopre un ruolo di primo piano nel panorama enologico attuale. L’Azienda ha un’esperienza decennale nella progettazione e produzione di serbatoi in acciaio inox fornendo prodotti di altissima qualità per soddisfare le esigenze di ogni Cliente.

L’attenzione al prodotto inizia fin dalle prime fasi della progettazione con la scelta delle migliori soluzioni e dei materiali più indicati a quel prodotto specifico, continua con la messa in produzione effettuata da tecnici altamente specializzati e si conclude con i collaudi finali effettuati su tutte le macchine enologiche che escono dalle linee produttive.

Serbatoi in acciaio inox: la tecnologia costruttiva.

Serbatoi in acciaio inox Vibo P Inox

I serbatoi in acciaio inox della Toscana Inox sono costruiti in acciaio AISI 304 e AISI 316 grazie ai suoi notevoli vantaggi e punti di forza:

non è soggetto alla corrosione interna causata del vino, non è soggetto alla corrosione esterna delle intemperie, conserva la qualità organolettica del vino, facile pulizia ed ispezione.

Inoltre i serbatoi per il vino sono rifiniti per migliorare la qualità e sono dotati di numerosi accessori per aumentarne le funzionalità:

le fasce di scambio termico permettono un’alta efficienza di scambio di calore, l’isolamento è progettato per massimizzarne il rendimento termico, la saldatura TIG permette una notevole robustezza, precisione e tenuta. Toscana Inox e la progettazione della cantina.

Oltre a produrre serbatoi in acciaio inox per il vino, l’Azienda fornisce impianti completi chiavi in mano grazie alla sua specializzazione nella progettazione della cantina fornendo tutte le macchine enologiche necessarie alla vinificazione.

Il loro punto di forza è di seguire il Cliente in tutte le fasi della realizzazione del progetto per essere sicuri che l’impianto finale soddisfi tutte le sue necessità.

La gamma dei serbatoi in acciaio inox.

L’Azienda fornisce una gamma completa e variegata di serbatoi in acciaio inox per il vino per soddisfare tutte le esigenze anche grazie ai numerosi accessori disponibili.

Serbatoi in acciaio inox Aria S Inox

Aria S Inox è il serbatoio più semplice nella realizzazione ma ugualmente di qualità eccellente. È costruito in acciaio inox AISI 304, è perfetto per conservare il vino ed è disponibile in varie grandezze a seconda della quantità del vino a disposizione a va dai 200 litri ai 12.000 litri di capacità.

Vibo P Inox è un serbatoio a fondo piano, realizzato in acciaio inox AISI 304, utile per lo stoccaggio del vino e la vinificazione e ricco di accessori: valvola di sfiato, rubinetti, valvole, prelevacampione e poggiascala.

Il serbatoio da trasporto cilindrico orizzontale è utile per trasportare il vino in sicurezza e tranquillità Sempre costruito in acciaio inox AISI 304 è comprensivo di: valvola di sfiato, valvola di scarico e chiusino superiore.

Toscana Inox

Per maggiori informazioni sui serbatoi in acciaio inox visita il sito della Toscana Inox.

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La stabilizzazione tartarica dei vini cosa è, da cosa è determinata e come può essere risolta.

La stabilizzazione tartarica è dovuta ai fenomeni di precipitazioni provocati dal potassio e dall’acido tartarico presenti nel vino. Inizialmente queste due sostanza sono presenti nelle uve ma non entrando in contatto non procurano nessun danno. Nel momento in cui l’uva viene pigiata, le due sostanze si mescolano e possono creare problemi di precipitazione di bitartrato di potassio.

Questa precipitazione è un processo lento che può avvenire in cantina dopo la fermentazione del mosto oppure direttamente in bottiglia, dopo l’imbottigliamento del vino, una volta che il vino raggiunge gli scaffali delle enoteche.

Questo fenomeno non provoca nessun danno organolettico nel vino ma sicuramente dal punto di vista visivo il prodotto non viene considerato di qualità e non viene accettato da un consumatore sempre più esigente. In particolare i maggiori problemi li abbiamo nei vini bianchi dove i cristalli di bitartrato di potassio sono moto evidenti.

Per questo motivo è fondamentale lavorare bene in cantina, procedere con le opportune pratiche di stabilizzazione del vino ed evitare qualsiasi precipitazione una volta che il vino è stato imbottigliato.

Attualmente abbiamo diversi metodi di stabilizzazione tartarica:

fisici usando l’abbassamento della temperatura, chimici con l’aggiunta di particolari sostanze. I metodi fisici di stabilizzazione tartarica.

Stabilizzazione tartarica

I metodi fisici di stabilizzazione tartarica sono basati esclusivamente sul controllo della temperatura in quanto la solubilità dei sali ne è strettamente legata,  in particolare diminuisce con l’abbassamento della temperatura.

Quindi si porta il vino ad una temperatura bassa per un certo periodo di tempo, si aspetta la precipitazione del bitartrato di potassio e quindi si separano dal vino i cristalli che si sono formati attraverso i filtri per il vino o i separatori centrifughi.

Per portare il vino alla giusta temperatura ci sono vari metodi. Alcune cantine posizionano i loro serbatoi in acciaio inox all’esterno in modo che le rigide temperatura invernali facciano tutto il lavoro.

Altre cantine invece usano diversi metodi continui o discontinui per portare il vino alla temperatura di circa 5 gradi sotto zero, attendono la precipitazione dei cristalli e quindi procedono alla filtrazione del vino rendendolo limpido. In genere dovrà essere aggiunta una certa quantità di anidride solforosa per prevenire eventuali ossidazioni favorite dalle basse temperature.

I metodi chimici di aggiunta di stabilizzanti.

La stabilizzazione tartarica può essere aiutata anche con metodi chimici che consistono nell’aggiunta di particolari sostanze che inibiscano la precipitazione tartarica.

Tra i colloidi il più utilizzato è l’acido metatartarico per la sua alta efficienza, infatti ne bastano pochi milligrammi per litro per inibire la precipitazione tartarica.

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Per comprendere fino in fondo i vini della famiglia Ceretto, uno dei maggiori produttori del Piemonte, è fondamentale conoscere la loro “idea di vino” che sta alla base di ogni bottiglia che porta la loro firma.

Il tutto parte da un viaggio in Borgogna, intrapreso dai due fratelli Ceretto, dove appresero sul campo il concetto di “cru” e “terroir”. Per quel periodo, siamo agli inizi degli anni ’60, queste erano parole del tutto sconosciute in Italia e pensare che la qualità del vino potesse essere legata ai singoli appezzamenti di terra, alla loro posizione, alla loro conformazione dei terreni e al loro microclima era un concetto degno di un film di fantascienza.

Ma in fin dei conti non era fantascienza visto che queste idee venivano già applicate, e con risultati di altissimo livello, in una regione che aveva una tradizione vinicola secolare e dai cui c’era tanto da imparare.

Per questo i due fratelli iniziarono a selezionare i vigneti a seconda della loro posizione, proprio per ottenere il miglior prodotto possibile. E considerando che il vino di qualità deve partire da un uva di qualità, la strada a quel punto era tutta in discesa.

I cru Ceretto.

I vigneti dell’Azienda Ceretto

Avendo prima introdotto la parola “cru”, spero di avervi incuriosito e di avervi messo la smania di non veder l’ora di conoscere meglio questi “terroir” unici e spettacolari in gran parte situati nelle migliori zone del Barolo e Barbaresco.

In particolare sono quattro le aziende dedicate alla produzione dei vini:

Bricco Rocche a Castiglione Falletto, Bricco Asili a Barbaresco, Tenuta Monsordo Bernardina ad Alba, I Vignaioli di Santo Stefano a Santo Stefano Belbo.

Bricco Rocche si trova a Castiglione Falletto nel cuore delle Langhe, vera anima della D.O.C.G. del Barolo. Proprio per riprendere il concetto di cru, le bottiglie hanno etichette differenti a seconda della zona di provenienza:

Barolo DOCG Bricco Rocche (Castiglione Falletto) Barolo DOCG Brunate (La Morra) Barolo DOCG Cannubi San Lorenzo (Barolo) Barolo DOCG Prapò (Serralunga d’Alba)

Bottiglie così uniche non potevano che riposare in una luogo altrettanto unico. Infatti, nel 2000, la cantina è stata ampliata con la costruzione del “Cubo”, una struttura interamente in vetro che come un faro in mezzo al mare domina tutto il territorio circostante.

Bricco Asili, dedicato alla produzione di Barbaresco, regala uve da vigne vecchie di oltre 40 anni. Pur avendo un nome locale, “bricco” è infatti la cima della collina Asili nel villaggio di Barbaresco, si porta dietro un po’ di Francia avendo la cantina al centro del vigneto come un piccolo chateau della terra di Asterix.

Cantina Monsordo Bernardina

Tenuta Monsordo Bernardina ad Alba è il cuore pulsante dell’Azienda e biglietto da visita della famiglia Ceretto. Da poco tempo la Tenuta è stata rinnovata per dare spazio al nuovo e dirompente fenomeno chiamato enoturismo e per accogliere gli ospiti amanti del vino nella maniera opportuna.

Orgoglio di tutta la Tenuta è l’Acino, una struttura architettonica all’avanguardia (se vi ricordate bene avevo parlato all’inizio dell’articolo di “fantascienza”),  che ricorda proprio la forma di un acino e che si staglia imperiosa sulle vigne del Barolo. L’Acino è una sala da degustazione completamente immersa nella natura che, grazie alla trasparenza della struttura, permette di “degustare il vino degustando il panorama”.

Vignaioli di Santo Stefano, posto a Santo Stefano Belbo, è un progetto nato con l’idea di legare al concetto di qualità un vino, il Moscato, non sempre tenuto nella dovuta considerazione. 

Arte, vino e design.

Ceretto arte e design

Abbiamo visto che i vini e i vigneti Ceretto sono immersi nell’arte e ne respirano a pieni polmoni. E questo legame si può notare fin dall’ingresso alle Tenute di Bricco Rocche dove siamo accolti da un cancello che definirlo tale è riduttivo. In effetti si tratta di una vera e propria opera d’arte dal titolo “Ovunque proteggimi” del maestro Valerio Berruti con lo scopo di “proteggere e di accudire” i terreni simbolo dell’Azienda.

Il legame tra vino e design si può notare anche nelle etichette che sono delle vere e proprie opere d’arte. Infatti i Ceretto sono stati la prima cantina in Piemonte a capire l’importanza della veste del vino e ad affidare ad esperti designer la forma delle bottiglie e le loro etichette per farle risultare uniche e riconoscibili.

Per conoscere l’anima della famiglia Ceretto andiamo a degustare il loro fuoriclasse che riassume in pieno la loro idea di vino.

Barolo DOCG Bricco Rocche

Barolo Bricco Rocche

Nel cuore del Barolo, nel comune di Castiglione Falletto, nasce il Bricco Rocche con una produzione in piccola quantità ma di altissimo livello. La raccolta e la selezione delle uve viene fatta esclusivamente a mano, proprio per esaltare il carattere unico del vino, e il loro viaggio si conclude con un sapiente affinamento prima in fusti di rovere e quindi in botti grandi.

Al naso siamo invasi da una complessità labirintica con una colonna portante solida, scura, robusta ma allo stesso tempo elegante. Vino intenso che diffonde sentori di spezie di luoghi lontani e note di frutta scura e matura. In bocca esplode equilibrato riempiendo tutto lo spazio con i suoi tannini importanti e con una persistenza che sembra non finire mai.

Per approfondimenti visita il sito dell’Azienda Ceretto.

Acquista i vini Ceretto sul sito byvino.it

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La diraspatura, nel complesso processo che porta le uve a diventare vino, è quell’operazione che consente di separare gli acini dai raspi per poi essere pressati per favorire la fuoriuscita del mosto.

La diraspatura avviene delle macchine enologiche chiamate diraspatriciche permettono la separazione dei raspi usando la forza centrifuga di un albero composto da un sistema a pale che ruota all’interno di un cilindro forato. È fondamentale che questa operazione sia fatta in modo delicato senza compromettere la qualità delle uve e lasciando i raspi integri.

Gli acini sono quindi passati alla pigiatrice che permette di ottenere il mosto. Quando la diraspatura viene eseguita insieme alla pigiatura si usano le pigiadiraspatrici.

I vantaggi della diraspatura.

Diraspatura

La diraspatura ha i seguenti vantaggi:

si vuole occupare meno spazio. Ricordiamo che i raspi rappresentano fino al 30% del volume dell’uva e se vengono eliminati si avrà meno materiale da lavorare con il vantaggio di usare meno vasche di fermentazione, migliore qualità del vino. Grazie alla diraspatura le sostanze contenute nei raspi, come i tannini non nobili e il potassio, non vengono mescolate al mosto con il vantaggio di ottenere vini più morbidi, meno acidi e più equilibrati, aumento della gradazione alcolica in quanto i raspi contengono acqua, sono privi di zuccheri e assorbono l’alcol prodotto dalla fermentazione, aumento delle sostanze coloranti in quanto i raspi assorbono gli antociani responsabili del colore finale del vino.

Nel processo di vinificazione la diraspatura non viene sempre impiegata in quanto i raspi hanno anche determinate funzioni positive:

migliore regolazione termica del prodotto. L’acqua presente nei raspi tiene sotto controllo l’aumento della temperatura durante la fermentazione. Ricordiamo che al di sopra di un certo valore di temperatura la fermentazione subisce un arresto, migliore areazione del mosto. I raspi contengono ossigeno che è utile nelle fasi di macerazione e fermentazione.

Le diraspatrici che, in genere, sono costruite in due materiali distinti, acciaio inox e lamiera smaltata sono fornite di una pompa centrifuga che permette il trasferimento del mosto nei tini di fermentazione, o fermentini, e sono facilmente ispezionabili per permettere una loro rapida e corretta pulizia.

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Alfa Laval è un’azienda multinazionale presente in 100 paesi, specializzata in diversi segmenti di mercato, i cui prodotti sono focalizzati su 3 tecnologie:

scambio termico, separazione, movimentazione di fluidi.

L’Alfa Laval è un’azienda storica nel settore con più di 125 anni di esperienza alle spalle ma con la mente sempre rivolta al futuro. Infatti ogni anno parte del fatturato viene investito i ricerca e sviluppo dando la possibilità all’azienda di mettere sul mercato 35/40 nuovi prodotti ogni anno.

Pur operando in diversi settori, Alfa Laval è specializzata nella produzione di macchinari enologici specifici per ciascuna fase del processo di vinificazione:

Scambiatori di calore, Sistemi di riscaldamento/raffreddamento termico e pastorizzazione, Sistemi di filtrazione a membrana, Apparecchiature per la movimentazione dei fluidi, Sistemi di controllo della fermentazione, Alfa Laval separatori centrifughi, Sistemi per il condizionamento e trattamento dell’aria, Sistemi per la miscelazione di liquidi e polveri, Sistemi di riempimento e confezionamento Bag-in-box. Alfa Laval separatori centrifughi

Alfa Laval separatori centrifughi

Alfa Laval ha diverse tipologie di macchine enologiche adatte all’estrazione del succo d’uva per soddisfare le esigenze di ciascun Cliente.

I separatori centrifughi e i decanter Fooddec utilizzano il principio della separazione centrifuga che permette di operare velocemente sul prodotto, ottenere il mosto limpido in pochi secondi e portarlo in poco tempo alla fase di fermentazione.

I vantaggi del decanter Fooddec sono di:

operare su quantità piccole di prodotto, eseguire la pulizia della macchina velocemente, avere un alto rendimento, ottenere un prodotto finale limpido, filtrare in modo delicato il prodotto, chiarificare il mosto proveniente da presse continue, ridurre i liquidi dai fondami di serbatoio.

Ricordiamo che una chiarificazione condotta con elevati standard è fondamentale per ottenere un vino di alta qualità con alte rese. Le macchine enologiche Alfa Laval per la chiarificazione sono progettate basandosi su due tecnologie distinte: il filtraggio a membrana e la separazione centrifuga.

Grazie ai separatori centrifughi Alfa Laval è possibile eseguire la chiarificazione del mosto velocemente, ottenere ottimi risultati senza alterare le caratteristiche organolettiche del prodotto finito e ridurre l’utilizzo di farina fossile.

Mentre i decanter sono da preferire per chiarificare mosti con un alto livello di solidi, i separatori centrifughi Alfa Laval danno risultati migliori con mosti con livello di solidi inferiore.

I separatori centrifughi Alfa Laval sono molto versatili e possono essere utilizzati nelle varie fasi di produzione del vino ottenendo scopi diversi:

chiarificazione dei mosti, chiarificazione del vino giovane e del vino maturo, blocco della fermentazione, chiarificazione vino spumante. Filtri a membrana

Filtri a membrana

I filtri a membrana sono macchinari enologici usati per la chiarificazione del mosto e del vino rimuovendo lieviti e batteri. Stanno prendendo sempre più piede rispetto ai filtri a farina fossile a causa dei problemi ambientali che quest’ultima si porta dietro.

I filtri a membrana Alfa Laval permettono diverse soluzioni:

microfiltrazione, ultrafiltrazione, filtrazione tangenziale, nanofiltrazione, osmosi inversa.

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Per maggiori approfondimenti visita il sito Alfa Laval

“Fu Ulisse, ammaliato da Circe, ad apprezzare per primo la magia di questo vino. Magia non è crearlo: è amore, passione, rispetto delle tradizioni; segreti racchiusi in una preziosa bottiglia, dove lui respira, vive e matura per rievocare l’antico incanto.”

L’estate è ormai giunta alla fine ma il sole caldo dell’autunno romano fa sentire i suoi effetti e ci invoglia a trascorrere una giornata fuori dalla città lontani dalla vita di tutti i giorni. Fortunatamente vicino Roma ci sono molti luoghi da visitare e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta e stavolta i nostri viaggi ci portano verso sud, a calpestare le sabbie ricche di storia e a respirare quell’aria di mare che ha accarezzato il volto di tanti eroi.

Siamo nel Circeo, il promontorio roccioso che divide il Lazio dalla Campania che già nel suo nome evoca il ricordo di miti e leggende. Si narra che su queste spiagge sia approdato Ulisse e che vi rimase parecchio tempo ammaliato dalla maga Circe. Passeggiando per questi luoghi probabilmente anche noi rimarremmo estasiati dalla loro bellezza e varietà: mare cristallino e spiagge bianche ma anche un bellissimo parco naturale ricco di specie ormai introvabili.

Cantina Sant’Andrea: la storia

È proprio in questa terra che a metà del ‘900 la famiglia Pandolfo comprò un podere e con coraggio e fatica iniziò  a produrre un vino che sarebbe diventato ben presto simbolo ed emblema di questa terra di sole e di mare.

Naturalmente questi luoghi ricchi di storia non potevano che ospitare una famiglia con una storia altrettanto variegata. La famiglia Pandolfo originaria di Pantelleria, la piccola isola perla del Mediterraneo che ha dato i natali a tanti vini celebri, si trasferisce nel 1880 in Tunisia dove vennero piantate le prime viti che davano vita a vini famosi fino in Francia. Poi a cause delle vicende storiche di questa terra, ricordiamo che nel 1964 il presidente della Tunisia espropriò tutte le proprietà degli stranieri, la famiglia Pandolfo fu costretta a fuggire e, proprio come Ulisse, approdò sulle spiagge del Circeo. È grazie a queste vicende che oggi noi possiamo bagnare il palato con i suoi vini ricchi di sole e magia.

Cantina Sant’Andrea: Oppidum

Oppidum Cantina Sant’Andrea

Il vino della Cantina di Sant’Andrea che vi suggerisco è l’Oppidum ed è un qualcosa di insolito e particolare. Infatti per essendo un vino prodotto da uve moscato, è vino secco e non dolce come ci potremmo aspettare.

Il colore è un giallo paglierino carico con rilessi dorati e splendenti che ricorda subito il sole e il mare di questi luoghi. Naso intenso e variegato con intarsi di albicocca e frutta tropicale che riportano subito al vitigno di provenienza. In bocca è pieno, ricco e con continui rimandi aromatici alle sensazoni olfattive. Finale marino molto lungo.

La sua complessità e tipicità lo rendono un perfetto compagno a piatti di pesce elaborati e fritti misti.

Per ulteriori informazioni vai al sito di Cantina Sant’Andrea.

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Le origini della Casa Delamain risalgono al 1700, periodo della nascita del Cognac e del suo fiorente commercio, e la collocano tra le più antiche del settore. Ancora oggi l’azienda continua una lunga tradizione familiare che le ha permesso di creare una relazione di fiducia con le migliori distillerie della regione. Il carattere familiare viene notato dal visitatore che, risalendo il fiume Charente, si reca a Jarnac e trova, con sorpresa, una sede raccolta e intima. Soltanto un antico stemma fissato alla porta tradisce la presenza di un luogo segreto dove 200 anni di storia incontrano l’eleganza.

Caratteristica fondamentale dei Cognac Delamain è l’estrema cura con cui vengono prodotti. Si narra, infatti, che i direttori che si sono succeduti alla guida dell’azienda hanno sempre controllato di persona tutti i passi chiave della produzione. Passi che vengono riassunti in quello che viene definito “Lo Spirito Delamain” o meglio “L’Esprit Delamain” che di seguito raccontiamo.

L’Esprit Delamain

Cognac Delamain stemma

La storia inizia con un’accurata selezione dei distillati (eau de vie) provenienti dai produttori storici situati nei terroir più vocati della Grande Champagne. I vincitori vengono posti in grandi botti in legno di rovere che sono messe a riposare in cantina, per diversi anni, dove trovano le condizioni ottimali per l’affinamento. La Casa Delamain utilizza soltanto botti usate, per evitare l’attacco eccessivo dei tannini.

Dopo aver atteso che il Tempo abbia lentamente messo la sua firma sul prezioso liquido, il Maestro di Cantina si occupa dell’ultima e delicatissima fase di produzione: la miscelazione (assemblage). In questa fase i Cognac di diversi vigneti vengono uniti al fine di ottenere un prodotto equilibrato che viene di nuovo lasciato in botte per raggiungere l’alta qualità richiesta ai Cognac Delamain. A questo punto ha luogo la delicata operazione della riduzione dove vecchi Cognac, diluiti con acqua di sorgente, vengono lentamente aggiunti in passi successivi al nuovo distillato.

Cognac EXTRA de Grande Champagne

L’etichetta che oggi degustiamo è il Cognac EXTRA de Grande Champagne, prodotto dalla miscelazione di un’accurata selezione di Cognac invecchiati. Ciascun distillato viene invecchiato separatamente per trattenere le proprie caratteristiche particolari, unito agli altri e quindi lasciato invecchiare per altri due anni in botti fabbricate con legno proveniente dalle foreste di Limousin. L’affinamento avviene in vecchie cantine umide lungo le rive del fiume.

Versato nel bicchiere il suo colore oro topazio mostra tutta la sua maturità. Il suo aroma è la perfetta espressione di un Cognac invecchiato della Grande Champagn:

complesso, potente, con aromi tostati di scatola di sigaro.

In bocca è pieno, intenso, fruttato e il volume alcolico 40% è  perfettamente equilibrato.

Meraviglioso è il suo originale decanter. Lo stemma che riporta impresso proviente da un piatto originale fatto da Henry Delamain nel 1762.

Per approfondimenti visita il sito del produttore Delamain.

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L’utilizzo dell’anidride solforosa è molto diffuso in enologia grazie alle sue numerose proprietà che permettono di ottenere vini di qualità e privi di difetti. L’anidride solforosa quando viene aggiunta al mosto o al vino interagisce con numerosi componenti ottenendone notevoli vantaggi:

Azione selettiva e antisettica: l’SO2 permette un pieno controllo della proliferazione dei microrganismi in tutte le fasi della lavorazione del vino fino alla conservazione. Questa azione è maggiore nei confronti dei batteri rispetto ai lieviti che risultano più resistenti all’anidride solforosa. In questo modo è possibile ottenere una completa stabilizzazione microbiologica del vino.

Azione chiarificante: l’anidride solforosa ha un effetto ritardante all’inizio della fermentazione permette alle particelle in sospensione di sedimentare.

Azione antiossidante: l’anidride solforosa si ossida al solfato in presenza di ossigeno e previene l’ossidazione delle sostanze coloranti e fenoliche con relativa protezione del colore e degli aromi. Molto importante è il suo utilizzo durante l’affinamento del vino, i travasi e le lavorazioni per proteggerlo dall’ossidazione.

Azione antiossidasica: blocca l’azione degli enzimi ossidasici.

Azione solubilizzante: l’anidride solforosa si lega agli antociani e permette la solubilizzazione delle sostanze coloranti e fenoliche.

L’anidride solforosa e le sue forme in enologia.

L’anidride solforosa viene utilizzata in enologia in varie forme ognuna con i relativi vantaggi e svantaggi:

Solforosa liquida, Solida insieme al metabisolfito di potassio. Anidride solforosa liquida vantaggi

La forma liquida dell’anidride solforosa è la più utilizzata e si trova conservata in bombole di diverse dimensioni alla pressione di 3 atmosfere a temperatura ambiente. Ricordiamo che a queste condizioni l’anidride solforosa gassosa si trova allo stato liquido.

L’SO2 viene normalmente usata in questa forma grazie ai notevoli vantaggi:

purezza, costo contenuto, facilità di misurarla in piccole quantità con i solfitometri, resa doppia rispetto al metabisolfito di potassio, non introduce nel vino ulteriori sostanze.

Gli svantaggi dell’anidride solforosa liquida sono:

perdite di prodotto che si verificano durante la somministrazione, difficoltà di distribuirla in modo uniforme nel mosto o vino all’interno dei serbatoi, pericolosità nell’utilizzo. Metabisolfito di potassio svantaggi

Il metabisolfito di potassio (K2S2O5) è la forma più utilizzata per distribuire l’SO2 in forma solida e se ne trova in 55% di concentrazione (ossia 1 gr di metabisolfito di potassio apporta 0.55 gr di anidride solforosa). In commercio si può trovare sotto varie forme:

metabisolfito di potassio effervescente granulare, metabisolfito di potassio in pastiglie effervescenti, metabisolfito di potassio in polvere, soluzioni potassiche in soluzione.

Anche se apparentemente il metabisolfito di potassio ha alcuni vantaggi rispetto all’SO2 come la facilità di utilizzo e la ridotta pericolosità, di contro si porta dietro notevoli svantaggi che vengono amplificati se invece si utilizza l’anidride solforosa con intelligenza e con determinati accorgimenti.

Svantaggi del metabisolfito di potassio:

aggiunta di potassio, cali dell’acidità fissa per la formazione di bitartrato di potassio insolubile, costi superiori rispetto all’anidride solforosa, necessità di pesare il prodotto prima dell’utilizzo e poca precisione, in soluzione è difficile da gestire a causa dell’elevata densità, distribuzione non uniforme del prodotto durante l’utilizzo, rende difficoltosa la desolfitazione, difficile conservazione.

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IMMA è un’azienda che produce macchine enologiche fin dal 1946. Nella sua storica sede di Bologna vengono progettati e costruiti i macchinari enologici utili in tutte la fasi della produzione del vino dalla raccolta e il trasporti delle uve fino ai vari trattamenti per mosto e vino, in particolari i chiarificatori e centrifughe.

L’alta qualità delle attrezzature enologiche IMMA permette di ottenere un prodotto finito privo di difetti e con alte qualità organolettiche.

In particolare l’azienda si è specializzata nelle seguenti macchine enologiche:

Chiarificatori e separatori centrifughi, Frantumatori per raspi, Pigiatrici orizzontali, Pigiadiraspatrici verticali, Nastri trasportatori, Trasportatori pneumatici, Svinatori a vibrazione, Tavole vibranti, Gruette oleodinamiche, Tritatralci, Contenitori ribaltanti, Vasche.

Macchine enologiche IMMA

Frantumatore per raspi

Il frantumatore per raspi, in acciaio inox AISI 304, permette la riduzione del volume dei raspi fino all’80% facilitandone la gestione e abbattendo i costi di smaltimento. La sua installazione, che in genere avviene alla fine di una linea di evacuazione raspi, è molto semplice grazie alle sue ridotte dimensioni.

Pigiatrice orizzontale

La diraspa-pigiatrice, costruita in acciaio inox AISI 304, è formata da un diraspatore e da un pigiatore. Il diraspatore è costituito da un tamburo forato con i fori a grandezza decrescente che trattano l’uva con poca aggressività. Il tamburo e il battitore, tra di loro indipendenti, assicurano una perfetta lavorazione delle uve. Il pigiatore è formato da due serie di rulli di gomma conici che consentono una pigiatura progressiva, rendimenti elevati a basse velocità di rotazione, una pigiatura soffice dell’acino.

La macchina è stata progettata pensando alle esigenze particolari di tutti i Clienti:

è possibile escludere la diraspatura o consentirne una parziale, facilmente lavabile internamente, è possibile variare l’eccentricità tra tamburo e battitore.

Gli svinatori a vibrazione permettono di ottenere velocemente una completa separazione del vino dalla vinaccia e da tutti gli altri residui. La macchina, sempre costruita in acciaio inox, fornisce vini perfettamente puliti in modo da velocizzare le ulteriori operazioni di filtrazione.

Centrifughe

I chiarificatori separatori centrifughi, in acciaio inox AISI 304, sono forniti di uno scarico automatico dei sedimenti che avviene per gravità. Le centrifughe IMMA sono complete di numerosi accessori ed equipaggiamenti per soddisfare tutte le esigenze.

Per maggiori informazioni visita il sito del produttore.

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