L’Enologica Petrillo nasce negli anni ’80 grazie alla passione di Francesco che decide di ingegnerizzare le competenze sviluppate negli anni nel settore enologico.

Moscato Petrillo La storia della famiglia Petrillo nel campo enologico parte da lontano in quanto, panteschi di origine, furono i primi a produrre il primo, ed ora famosissimo, Moscato di Pantelleria.

Michele Petrillo, padre di Francesco dopo la vinificazione del moscato pantesco immigrò in Libia dove aprì e gestì fino al 1969 la più grande azienda agricola di Tripoli con oltre 50 ettari di vigneti.

L’esperienza di Francesco nasce quindi da una tradizione familiare tramandata di padre in figlio a partire dai primi del ‘900 e consolidata in questi anni nella progettazione e produzione di sofisticati macchinari brevettati (13) ad uso enologico.

Tale esperienza ha permesso di ampliare dal 1995 il core business aziendale anche alla vendita di macchinari enologici usati, configurando l’Enologica Petrillo come la prima e più completa banca dati dell’usato enologico.

Una storia che parte da lontano

Dedica Petrillo  2All’amico Petrillo con l’augurio di sempre più alte mete enologiche”.

8 marzo 1946

Questa dedica del Professor Pier Giovanni Garoglio a mio padre Michele Petrillo, risale al 1946 ed è stata da me rinvenuta nella 1° pagina del volume << Tecnica della vinificazione moderna >> (dall’uva al vino).

Michele Petrillo operò nel settore vinicolo prevalentemente all’estero ed esattamente in Libia dal 1930 al 1968.

La tradizione vinicola familiare risale alla metà del 1800 con l’apertura nell’isola di Pantelleria del primo stabilimento vinicolo destinato alla produzione del famoso moscato. Da allora la famiglia Petrillo da padre in figlio, ha dedicato se stessa alla vinificazione ed attualmente alla costruzione di macchinari enologici, sul filo di una tradizione che ha identificato nell’esperienza il solo sistema perché la tecnologia si sviluppi al servizio della produzione.

Francesco Petrillo

Dal libro “TRIPOLI ADDIO”: سلبارط اعادو (Wadaan Tarablouss)

Le storie sono la memoria del mondo e come diceva Chaim Potock (scrittore e rabbino che mio zio Pippo conobbe a New York): “senza storie non esiste nulla. “

Tripoli addio è la storia di una famiglia. La storia dei Petrillo, ed in particolare centouno anni, tra il 1911 ed il 2012, quattro generazioni del ramo pantesco dal quale discende la famiglia di Michele, mio padre.

Vino Petrillo LibiaTra i primi a toccare il “bel suol d’amore” per realizzare il sogno italiano dell’inizio del ventesimo secolo c’era Augusto, mio nonno materno, dapprima pacifista ante litteram, che insieme a Pietro Nenni e Benito Mussolini cercava di impedire ai treni dei soldati italiani di partire per la guerra. Augusto, ironia della sorte, sarà poi destinato alla costruzione della linea ferroviaria in Libia. Più che una storia una favola della memoria. La quarta sponda, la colonia di Libia, è stata un’impresa paragonabile alla conquista del West, anche se la Libia non è stata l’America per i coloni italiani. Una terra arida, piena di cavallette e scorpioni che la bonifica ha reso in gran parte fertile.

Bonifica come quella avvenuta a Latina, dove, nel campo profughi, la mia famiglia arriva dopo essere stata cacciata dalla Libia di Gheddafi.

C’è il rimpianto per una generazione che si sta perdendo. Un rimpianto che non è prerogativa degli espulsi dalla Libia, ma che sicuramente il “mal d’Africa” contribuisce ad amplificare. Uomini e donne che sapevano godere in un tramonto, dell’odore di un fiore, del parto di un vitello. In un epoca di new age, di cibi biologici, di agriturismo, di giovani che non trovano valori, in cui i “paesi industrializzati” si stanno rendendo conto che i paesi dalla “pancia vuota” vanno aiutati non solo per un dovere morale ed etico, ma per la salvezza di tutti, sicuramente la loro storia può insegnarci molto. Nel passato, insieme alle nostre radici, in quella terra d’Africa, i nostri coloni hanno sotterrato un seme che, se non ci dimentichiamo di annaffiare, potrà generare un futuro migliore per tutti. Con l’orgoglio di essere uomini che si impegnano, lavorano, amano. Singoli individui che nulla hanno a che fare con la politica ed i giochi di potere.

Rifare un mondo con la memoria per salvare più che il passato noi stessi, per vivificare il presente non solo per chi non lo conosce ma anche per chi, come me, partito giovanissimo dalla Libia, non ha acquisito la profonda coscienza di quella fantastica esperienza compiuta dai nostri padri, ma ha portato con se il ricordo di quella convivenza multietnica, fatta da un miscuglio di lingue, culture, idee sapori che oggi appaiono a tutti, ovunque, una conquista imprescindibile.

Leonardo Petrillo